[ 14 aprile, 2009 ] • [ eureka ]

4) "UN RAGAZZO NERO HA DANZATO..." - VANDA MENON | CARPI (MO)

È appena l'alba, sono sveglia, nessun rumore dall'esterno.

La penombra di questa stanza d'albergo rende tutto un poco magico, qui nella città più famosa del mondo, New York.

Mi accosto assonnata alla grande finestra, scostando la tenda chiara e lasciando che la luce di fuori raggiunga i miei occhi.

Guardo giù, nel chiarore luminoso della prima mattina - le mie compagne di viaggio ancora deliziosamente avvolte nel sonno - e scorgo un puntolino nero.

Osservo meglio e quel puntolino si muove, ondeggia, vibra di vita.

È un ragazzo nero, e si muove con possente grazia, quasi danzando.

Raggiunge l'angolo tra l'8.va Avenue e la 34.ma, un ultimo passo, curvando dolcemente il suo corpo verso sinistra e svanisce.

Chiudo gli occhi un istante, rivedo la scena, un accenno di danza nei piedi e nelle braccia, poi, in un attimo, scompare per sempre dalla mia vista e dalla mia vita.

Perchè mi sento come ipnotizzata verso quella figura che brevemente ho scorso laggiù, sulla strada, distante da me parecchie decine di metri?... (segue - totale battute: 4380)

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[ 14 aprile, 2009 ] • [ eureka ]

6) "IL CONGRESSO" - ALBERTO ARNAUDO | CUNEO

"Caro professore, ti avevo già notato in sala, ma eri concentrato sulla tua relazione, e non ho voluto disturbarti. Come stai?"
"Dottore bello, speravo davvero di vederti qui! E' un sacco di tempo che non ci incontriamo. Mangiamo insieme?"
Nella hall dell'albergo, trasformata in sala da pranzo a buffet, i congressisti sciamano dal seminterrato dove si tiene il convegno annuale della categoria. Giacche cravatte e tailleur non riescono a nascondere il sollievo per la pausa dei lavori, e l'allegra aspettativa per il pasto, che occhieggia dai tavoli imbanditi lungo le pareti. Così uomini e donne di tutte le età, fino ad un momento prima compassati e seriosi, si trasformano in men che non si dica in una spensierata truppa di gitanti affamati: dimenticati per un momento ruoli ed impegno, si gettano alla caccia del piatto migliore e di un posticino comodo dove mangiare in santa pace.
"Qui, qui" fa il professore guidando il più giovane collega verso un divanetto appartato, proprio contro la vetrata che dà sul terrazzo.
"Mmm, buona la pasta al forno. Mi ci voleva davvero..."
Il frastuono nella sala, che ha raggiunto il diapason all'ingresso della folla, si sta già spezzettando in cento rivoli coagulati intorno ai gruppi e gruppetti che si sono riuniti per mangiare.
Appena calmati i morsi dell'appetito, il dottore decide di affrontare l'argomento che, ora si vede, gli stava a cuore fin dal momento in cui, seduto nella prima fila della sala congressi, aveva scorto il professore.
"Senti" attacca "è da mesi che volevo chiedertelo: ma come è andata veramente al Memorial Hospital Hotel l'anno passato? Ne ho sentite di tutti i colori, ma mi piacerebbe che fossi tu a raccontarmi..."
L'altro, sorseggiando un po' di vino bianco, lo fissa negli occhi, cercando di capire quanto di genuino ci sia nella curiosità appena esibita. Poi, quasi rassegnato, sorride, mette giù il bicchiere, e risponde:
"Andiamo a prendere il caffè. Se proprio t'interessa, ti racconterò tutto dall'inizio.".... (segue - totale battute: 14615)

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[ 20 aprile, 2009 ] • [ eureka ]

7) "HOTEL ORIENT A KABUL" - VIRGINIA MURRU | GIRASOLE (OG)

Sheila è una reporter di origine Libanese, risiede da vent'anni in Italia, e scrive per un noto quotidiano; da alcuni anni è inviata in Afghanistan, scrive i suoi articoli in hotel.

20 luglio 2003 - Hotel Orient, Kabul.

Sheila avverte una strana inquietudine, un fotografo Francese che lavora per l'Humanité, la rassicura: è solo la malìa del tuo istinto, hai prepotenti radici ancora fisse in Oriente, nulla di grave...

O magari gli incubi della guerra nel mio paese quand'ero bambina, che mi rimbalzano davanti agli occhi - replicò lei col solito garbo puntiglioso - non esiste immunità verso certi eventi. Vado in camera - aggiunse, e scomparve con un sorriso sospeso.

Era stranamente tesa e inquieta, presentiva, attraverso vie misteriose dell'intimo, che qualcosa fermentava nei sotterranei di quella strana pace imposta nella città a suon di bombe, raid e cingolati, dai vari contingenti militari dell'Isaf presenti ormai da anni. Nulla di nuovo, i soliti paradossi dell'animo umano, che vive in perenne conflitto tra due terribili estremi.

Si può concepire con logiche razionali che la pace si debba riscattare solo tramite passaggi intermedi di morte, e che pace e guerra vivano in una promiscuità così inesorabile?

Emergono, queste domande, nei rendiconti della giornalista Italiana, e degli inviati di tutto il mondo presenti nell'hotel di Kabul, e sono domande che incalzano sulla coscienza dell'Occidente come spire urticanti confitte nel pensiero e non lasciano scampo.... (segue - totale battute: 19836)

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[ 04 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

8) "CAMERA D'ARIA" - SILVIA SERACINI | ANCONA

Al Ciclista, da Mademoseille
In volata.

... la classica scalogna una foratura proprio alla fine dell'allenamento di oggi e senza avere una camera d'aria di scorta perché si sa bisognerebbe sempre avere una camera d'aria di scorta ma io oggi non ce l'avevo chiudo la porta alle mie spalle e inserisco la card magnetica nell'apposita fessura per attivare l'impianto luci mi tasto la schiena dolorante e la taschina posteriore dove la Visa alloggia al sicuro all'interno di una busta di plastica impermeabile mi sfilo a fatica i guanti incollati alle pelle e li lancio sullo scrittoio volano sopra la carta da lettere e penso che non ho voglia di scrivere niente non ho voglia di niente solo di buttarmi ma piano con cautela su questo letto e dormire fino a domani quando passeranno a prendermi insieme alla mie ossa scricchiola il cellophane della piccola saponetta con cui tento di mandare via il grasso dalle mani ho provato a pompare aria nella ruota mi sono spompato a pompare aria nella ruota ma niente da fare il nero scivola vergognoso nel buco del lavandino e mentre mi asciugo adocchio il frigobar e un bruciore improvviso mi incendia la gola come se non bevessi da secoli mi rendo conto che ho una sete bestia e mi affretto si fa per dire verso l'oasi di quel mobile trangugio una Coca Cola che mi avvicina al Paradiso e finalmente mi siedo sul letto... (segue - totale battute: 4899)

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[ 05 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

10) "L'INCHIESTA" - FRANCESCO PICCITTO | RAGUSA

Ero in preda allo sconforto, non sapevo se avrei mai riavuto il mio lavoro e se ne avessi potuto trovare un altro, un pomeriggio dopo pranzo però squilla il telefono.
Mi alzo e vado a rispondere:
«Pronto!»
«Salve... sono il direttore del giornale IL CORRIERE DELLA SERA.»
«Anche i giornali adesso!»
«Mi dispiace per quello che è successo ma era per un'altra questione»;
«Mi dica... cosa le serve?»
«Ho trovato molto interessanti quegli articoli che ha scritto sui rifiuti e l'ambiente... vorrei che lavorasse pere me.»
«Così... senza discutere.»
«Intanto lei inizi si consideri in prova.»
«Quando posso iniziare?»
«Domani stesso.»
«Grazie.»
«A presto.»
«Certo.»
Sto dunque per avventurarmi in questo mondo a me finora sconosciuto, a parte qualche articolo buttato là di testa mia, non mi sono mai inoltrato in interviste a contatto con la gente, viaggi alla ricerca di indizi, eccetera eccetera; certamente questo lavoro non mi soddisferà come la mia cattedra, ma è comunque per me un nuovo inizio, la questione adesso è iniziare... (segue - totale battute: 14722)

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[ 05 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

11) "L'ULTIMA CAMERA" - VINCENZO MONTENERO | MARINO (RM)

‘Ci spiace, ma l'ultima camera l'abbiamo data pochi minuti fa. A quella coppia lì, seduta sul divano'.
‘Ma noi siamo in viaggio di nozze. E' la nostra prima notte.'
‘Capisco, immagino, ma l'ultima camera l'abbiamo data...'
‘...pochi minuti fa, a quella coppia li, seduta sul divano. Andiamo Laura, passeremo la prima notte in auto. Per fortuna è una station.'
‘Lorenzo ma non è giusto, aspettiamo.'
‘Cosa. Che quella coppia litighi. Ho che a lui venga un attacco di appendicite. Oppure che ricevano una telefonata dal portiere, che gli comunica che il loro appartamento è stato svaligiato dai ladri.'
‘C'è qualche problema. Io e mia moglie osservavamo, che ci stavate osservando.'
‘No, nulla che possa interessarvi, a Lorenzo, mio marito, è stato detto che l'ultima camera disponibile è stata occupata da voi.'
‘Effettivamente è una suite, sa, siamo in viaggio di nozze.'
‘Anche noi, siamo in viaggio di nozze.'
"Piacere Eleonora."
"Paolo."
‘Siamo uguali.'
‘Quasi, con una piccola differenza, noi in station, voi in camera.'... (segue - totale battute: 4732)

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[ 15 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

19) "LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL" - CRISTINA GIUNTINI | PRATO

Che cosa ci faccio, io, qui?
Un senso di nausea comincia a salire dal mio stomaco, lungo l’esofago, raggiunge la mia gola, esplode nelle mie narici, nella mia testa. Il panico, maledetto panico. La paura che mi assale ancora una volta. Stringo i denti, inspiro profondamente, soffio via l’aria. Calmati, stupida, mi aggredisco. Non hai tempo per la paura. Non c’è posto per la paura, nella tua vita. Hai altro da fare.
Guardo il soffitto. Sono distesa sul letto, la mano sinistra sotto la testa, la sigaretta accesa nella mano destra. Avvicino la sigaretta alle labbra, faccio per aspirare una boccata, poi mi blocco. Allontano la sigaretta, la guardo, scatto a sedere sul letto. Spengo la sigaretta con rabbia, ma anche con cura, nel posacenere sul comodino. Infierisco sulla cicca oramai innocua, voglio schiacciarla, eliminarla, la disintegrerei, se potessi. “Maledetta”, sibilo. “Sei la mia rovina.”
Non è vero. Sono io la mia rovina, solo io. La sigaretta è un falso problema. “Non fumare, ti fa male, riduci le tue possibilità, non te ne rendi conto?” Balle. Fumo o non fumo, la mia situazione non cambia. Ciò nonostante, mi alzo, mi avvicino al cestino incastrato fra la sedia e la scrivania e getto via il pacchetto appena iniziato. Mi attaccherei a qualsiasi cosa, in questo momento.
Mi guardo intorno, per quanto me lo consentono i miei occhi che già difettano di qualche diottria, figurarsi come vedono chiaro adesso che sono impastati di lacrime. Niente di speciale, questa camera: i soliti mobili marroncini che sembrano quelli di mia nonna. Un letto matrimoniale (solo doppie uso singola, in questo modesto hotel che del resto basta e avanza), due comodini, un armadio (per quanto lo userò è anche troppo), la scrivania con la sedia davanti.
Là per terra, accanto alle tende, c’è la mia valigia. Non l’ho ancora disfatta. Ho tempo. O forse non ho tempo. Forse non ne vale la pena. Forse sto sbagliando. Forse mi illudo. Forse... (segue - totale battute: 11709)

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[ 27 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

20) "TUTTO IL TEMPO DEL MONDO" - DANILO ORTELLI | GRANAROLO FAENTINO (RA)

“La prego, se mi cerca qualcuno, dica che non ci sono per nessuno”.
Aveva detto così alla donna della reception. Quasi per darsi un tono, quasi per augurarsi che qualcuno lo avrebbe cercato. Sapendo però certamente che quella raccomandazione era vana. Non aveva detto a nessuno che se ne andava per qualche settimana. E del resto non aveva nessuno a cui dirlo, a cui sarebbe importato. Luca lo avrebbe cercato venerdì, forse sua madre lo avrebbe chiamato domenica. Ma lui avrebbe lasciato il telefono spento. Non c’era per nessuno.
Perché fai così Matteo? Perché ti nascondi? – gli disse lo specchio una volta che ebbe preso possesso della sua stanza.
Ho solo bisogno di rilassarmi – rispose, senza aprire bocca.
La 214 era una stanza pulita e confortevole, con una moquette color confetto che ricordava il calore superficiale di una casa di bambola. Rosa, quand’eravamo piccoli, ne aveva una uguale – pensò.
Abbandonò il bagaglio leggero ai piedi del letto e prese un bagno caldo. Dopodiché indossò nuovamente gli stessi vestiti e scese nella hall. Pulito e ristorato, sedette al bar e ordinò un Negroni... (segue - totale battute: 11033)

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[ 27 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

21) "ALLA LOCANDA DEI SOGNI INFRANTI" - ALESSANDRO CORSI | LIVORNO

"Si chiama Locanda dei Sogni Infranti" fece Luca, con le mani sulla schiena. In piedi alla finestra guardava con occhi attenti il panorama, immerso in un tetro e piovigginoso pomeriggio invernale.
"Ne parli come se ci fossi stato" commentò Corrado, guardando l'amico dalla poltrona sulla quale era comodamente seduto.
"La conosco come le mie tasche, eppure non l'ho mai visitata. Anzi, per dirla tutta non so nemmeno dove si trova. E non esiste una fotografia od anche soltanto un disegno".
"Com'è possibile, allora, che tu la conosca?" si stupì Corrado.
"Diciamo che ho letto qualche libro sull'argomento" spiegò il padrone di casa, voltandosi con un mesto sorriso sulle labbra ed appoggirandosi al davanzale con le braccia incrociate sul petto.
"Nei tuoi scaffali ci si trovano i testi più incredibili" sorrise l'ospite, invidiando all'amico la sua collezione di volumi. Proprietario di un'enorme villa, nella quale viveva da solo a parte un paio di domestici, aveva trasformato l'edificio in una biblioteca. Pochissime stanze non erano state adibite a tale scopo, ma soltanto perché destinate a necessità imprescindibili... (segue - totale battute: 23763)

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[ 28 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

22) "LO SPAVENTOSO DRAMMA, NELLA HALL" - MARCO CARROCCIO | MESSINA

Ecco il gran poeta.
Ad una bambina, sempre, insegna a leggere.
 
Viola gustosa
nel giorno in cui sbatti le tue piccole ali,
gustosa d'essere, viva lungo la strada
che porta alle Messe, tra gli alberi e le ombre.
 
Viola secca secca, magra,
a te son condotti gli uomini
che non sanno sottrarsi all'inferno
del giorno morente sulle sparse ville intorno
alla Chiesa che prega stomacata.
 
Come sarei felice rigirando tra le dita una gemma
raccolta per caso, che tace.
Una donna incinta cammina pei campi.
Io ti ricordo agghiacciato:
e cento campane suonavano a morto...
 
Io ti ho amata quando avevi sette - otto anni,
e questa sera, che ne hai compiuti già tredici,
ti amo come mai prima.
Sulla più alta cima s'alza il sole, infuocato,
ma questa, credi, non è l'ora di abbandonar l'amore.
 
Ecco sua moglie, fragile antichità impolverata sotto e sotto gli accessori piumati e impellicciati insieme, neri come rapaci o topi, della mise assignorata.
L'aspetto non rivela prima facies la sua natura di pessima scultrice. Ma assoluta artista. Il vigore con cui vita e morte si combattono, nelle sue opere, lascia a bocca aperta, quantomeno di stucco, sbalordisce... (segue - totale battute: 4919)

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[ 17 giugno, 2009 ] • [ eureka ]

23) "SCOMPARIRE AL MONDO" - ROSA TIZIANA BRUNO | SALERNO

Da bambina avevo paura del buio e di una vecchia bambola dai capelli di lana, con un cappello amaranto e la chitarra in mano. Di notte la immaginavo muoversi per casa e mi auguravo che si addormentasse prima di arrivare nella mia stanza.
Il bacio dei miei, prima di andare a letto, non bastava a rassicurarmi. Anzi, quell'addio rituale e crudele evocava tristezze ed apriva il serbatoio delle paure. Nulla possono i bambini contro il potere dei grandi e la notte che affonda.
Adesso la vecchia bambola dai capelli di lana è sparita e al suo posto le mie mani, che alla sera la stringevano, premono sulla tastiera di un computer. Ogni notte lo schermo piatto s'illumina di viola e mi risucchia nel mondo dei sogni. Pixel ordinati e cangianti mi regalano i messaggi di Orlando.
Non conosco il suo vero nome, né il colore dei suoi occhi e nemmeno il suo odore. Ma quello che conta è riempire la notte con la voracità delle parole, scritte in sequenza una dietro l'altra, ispirate da una fame intensa che non trova sazietà. Il nostro è un diabolico patto tra due anime perse di paura e di noia, sassi in bilico tra il desiderio di rotolare e la paura di cadere... (segue - totale battute: 11638)

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[ 17 giugno, 2009 ] • [ eureka ]

24) "L'ISOLA DI ST. LOUIS" - ALBERTO ARECCHI | PAVIA

Il vecchio albergo trasudava ricordi di passati splendori da ogni poro degli intonaci, da ogni foro di tarlo della boiserie consunta.
La buvette dell'Hôtel de la Poste era un autentico museo di storia coloniale. Vi entrai il 30 dicembre del 1983, e fu come se le lancette dell'orologio del tempo ruotassero vorticosamente indietro. Mancavano poco più di ventiquattr'ore all'inizio del mitico e terribile 1984, un anno tanto temuto per le previsioni dell'omonimo romanzo di George Orwell. Quell'anno non portò al mondo la dittatura del Grande Fratello, ma provocò ben altri disastri nella mia vita. Di questo, però, parlerò forse in un'altra occasione.
Viaggiavo con un collega di lavoro, un giovane architetto finlandese. Lavoravamo a Dakar e decidemmo di prenderci qualche giorno di vacanza, a cavallo del Capodanno, per visitare l'antica capitale e la regione del fiume Senegal. Avevamo viaggiato tutto il giorno, sulla mia vecchia auto.
Da Dakar a St. Louis ci sono poco più di duecento chilometri, lungo una strada d'altri tempi, che attraversa tutte le città e gran parte dei villaggi della regione.
All'ingresso dell'Hôtel de la Poste ci accolsero le luci basse della buvette, con i poufs rivestiti d'improbabili pelli di zebra. Forte nell'aria l'acre sentore di muffa, mescolato a quello dell'alcool di cattiva qualità, alle polveri d'insetticidi di cui erano impregnate le pelli appese e le tappezzerie, ai residui di sudore e di vomito di parecchie generazioni di marinai, avventurieri d'ogni razza.
Il nostro arrivo generò un moto d'interesse nelle tre ragazze che attendevano i clienti negli angoli strategici del locale, ben vestite e truccate nel migliore dei modi. Ci sedemmo su due poufs dal colore indefinibile, sollevando una nube di polvere dal vago odore d'insetticida e causando la fuga di quattro o cinque scarafaggi rossicci, disturbati dal movimento dei mobili. Dopo un viaggio un mezzo alle nuvole di polvere, su un'auto priva d'aria condizionata, era indispensabile rinfrescarci. Ordinammo della birra, per rinfrescare le gole e le voci seccate dal lungo viaggio... (segue - totale battute: 17494)

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[ 17 giugno, 2009 ] • [ eureka ]

25) "TURNO DI NOTTE" - FRANCESCO MANZO | S. ELIA FIUMERAPIDO (FR)

Ancora un'ora ed andrò a casa.
E' l'ora in cui gli ospiti, a piccoli gruppi, in coppia, o da soli, lasciano la zona ristorante, e molti di loro si accomodano nella saletta del bar per un ultimo grappino, un thè o, se sono anglosassoni, un cappuccino. Alcuni si dirigono verso la sala ospiti accanto alla zona bar, e siedono nelle poltrone davanti all'ampio video LCD che, grazie al barista, signore unico del telecomando, è sempre sintonizzato sullo spettacolo televisivo più popolare. Il nostro barman funziona meglio dell'Auditel, e sa intuire i gusti del suo pubblico. O forse sono gli ospiti che, preferendo questi momenti di comunità alla solitudine delle loro stanze, si trasformano in platea condiscendente.
Dalla reception posso osservare quasi tutti, senza essere disturbata. I nostri clienti sono persone tranquille, molti trascorrono qui una o due notti, quasi ogni settimana, per lavoro; altri sono turisti occasionali, ma che spesso ritornano, attratti dalla vicinanza con le città d'arte e dalla quiete del nostro borgo. Di tanto in tanto succede che qualche ospite, dopo cena, tenti di attaccar bottone con la ragazza della portineria; ma è raro, e di solito vogliono solo sapere se più tardi arriverà Altiero. Dopotutto I clienti, quelli abituali, sanno che non gradisco perdere tempo, ho sempre tanto da fare e non amo interruzioni; per questo cercano di non disturbarmi senza motivo... (segue - totale battute: 15121)

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[ 17 giugno, 2009 ] • [ eureka ]

26) "ESTEBAN" - MARINA PRIORINI | MACCARESE (RM)

Il giardino del Gran Hotel del Lago era gremito di persone invitate al matrimonio della mia amica Carolina.
Gli sposi si erano allontanati per il rituale cambio d'abito mentre gli amici e i parenti mascheravano la noia della loro attesa abbuffandosi di cibo.
Violinisti sparsi lungo i viali alberati dell'hotel diffondevano tutt'intorno la loro musica discreta.
Mesi prima avevo immediatamente condiviso con Carolina la scelta di quel luogo sobrio ed elegante per festeggiare il suo matrimonio. Un'antica dimora dei primi anni 900, sapientemente restaurata e adattata ad albergo, si affacciava da un lato direttamente sul lago mentre il lato principale apriva le sue grandi finestre sul giardino e sul viale alberato.
Internamente i vasti saloni erano arredati con mobili di antica semplicità, impreziositi di tappeti collocati lateralmente per non nascondere la bellezza dei pavimenti impreziositi d'intarsi di marmo, lampadari di cristallo pendevano dal soffitto con le loro luminose gocce trasparenti. Il salone principale era stato allestito per la cena con tavoli apparecchiati uno diverso dall'altro. Le bianche tovaglie di pizzo contrastavano con i bicchieri di vetro colorato mentre piatti e posate richiamavano i colori dei fiori conservati in vasi panciuti collocati al centro di ogni tavolo. L'addobbo per gli sposi era assolutamente superbo. Diverse nuances di oro impreziosivano con garbo il loro angolo riservato... (segue - totale battute: 6328)

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[ 17 giugno, 2009 ] • [ eureka ]

28) "INVERSO" - MARINA PRIORINI | MACCARESE (RM)

Seduta sul bordo del letto fissavo un punto insolito del muro della stanza, precisamente l’angolo tra le due pareti sopra la finestra, incapace di fare qualsiasi altra cosa.
Mi sentivo fragile rinchiusa in quella stanza d’albergo e l’attesa mi stringeva lo stomaco. In lontananza, sospesa, la corruzione del mio sentimento.
Fabio sarebbe entrato di lì a poco e come sempre aveva preteso che io arrivassi prima di lui per evitare che qualcuno potesse sorprenderci insieme.
Non era la prima volta che c’incontravamo in quell’albergo e per abitudine prenotavo sempre la stessa stanza con l’intento di sentirmi accolta in un ambiente familiare. La stanza n. 12 dell’Hotel Malia era stata testimone dell’inizio della mia storia clandestina e il grande letto a baldacchino aveva trattenuto ogni volta le false promesse dell’uomo di cui ero perdutamente innamorata... (segue - totale battute: 8520)

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[ 02 luglio, 2009 ] • [ eureka ]

31) "L'ULTIMA CARTA" - ALBERTO BELLETTI | GALLIATE (NO)

Ero quello che si poteva definire l’uomo ideale per certi tipi di lavoro.
Non facevo domande, non chiedevo ne il perché ne il motivo per i quali venivo ingaggiato ma soprattutto ero considerato un uomo dai grandi valori morali e nel quale si poteva riporre tutta la propria fiducia, oltre a parecchi soldi sul mio conto in Svizzera.
Di solito non ero neanche io a prendere contatto con i miei clienti. Mandavo Ray al mio posto,ci conoscevamo da così tanto che di lui mi potevo fidare cecamente e sapevo che avrebbe curato i miei interessi come fossero stati i suoi.
Il giorno in cui mi contattarono per questo lavoro alloggiavo all’Empire. Un albergo decadente sporco e malsano, ma l’ideale per uno come me che non vuole molta gente intorno.
Mi capitava di incontrare giovani coppie di amanti che prendevano una stanza per una sveltina, o di incrociare sguardi di sedicenni alle loro prime esperienze con la droga.
In quel luogo insomma non passavano ricconi o persone importanti e quindi neanche molti poliziotti rompicoglioni.
Ray mi aveva avvisato che il nuovo cliente aveva espresso il desiderio di contattarmi personalmente,così facendo quel giorno rimasi in stanza tutto il tempo e aspettai che mi chiamassero.
Erano le sei del pomeriggio e alla radio davano “You can’t always get what you want” degli Stones. Io mi stavo cullando sul letto con un bicchiere di Martini nella mano sinistra e una Chesterfield sulla destra quando ad un certo punto il telefono della stanza squillò... (segue - totale battute: 16165)

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[ 14 luglio, 2009 ] • [ eureka ]

32) "SPIRITO" - FRANCESCO GIUBBILINI | ROSIGNANO SOLVAY (LI)

Come chi vive di sola musica, chi soltanto per il proprio lavoro, chi ancora per conoscere innumerevoli amanti, Spirito (ho sempre pensato fosse un soprannome) viveva per le camere d’albergo.. cioè, viveva per loro, con loro, insieme a loro, in un ordine-disordine di cose che, per chi provava a guardarlo dall’esterno, riusciva strambo e inconcepibile.
Da alcuni anni aveva mollato ragazza e famiglia per dedicarsi ad un preciso studio, intrigante quanto metaforico, o onirico, se si preferisce quali buoni amanti del genere psico-et-compagnia-bella, della propria personalità. E la solitudine in stanze d’albergo esaltava l’anima e il sinolo tutto di Spirito, convinto che proprio in questa particolare simbiosi “uomo-stanza d’albergo” si potesse raggiungere qualcosa al di là di ciò che i suoi coetanei erano soliti esperire.
Camere dai pesanti drappi rosso porpora, oscure anche nei pomeriggi d’agosto, in cui il proprio senso di colpa si esalta a limiti inaccettabili indulgendoci in sotterranee elucubrazioni; altre aeriformi, e sottili, fresche di primavera e di nuovi pensieri; altre tossiche e polverose, per portarti a scoprire angoli di salubrità ancora sconosciuti; altre ancora sobrie e canoniche, dall’aspetto austero ma che alludono ad altro con minimi particolari, mirabilia da scoprire, soprammobili dalla provenienza incerta e dalla storia reticolare... (segue - totale battute: 5982)

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[ 15 luglio, 2009 ] • [ eureka ]

34) "L'ULTIMA VOLTA" - GIUSEPPE ADDUCCI | CARATE URIO (CO)

Ultimo atto, ultima scena, ultimo tutto. Il sipario di velluto rosso si squarta nel centro: un interno, la camera numero 3 del nostro solito albergo.

 Seduta sull’angolo del letto mi guardi, con quegli occhi grossi di tristezza e rimprovero e pena e senso di colpa, mi guardi. Sai che ho parole diverse, dolci e migliori - ma... ti pare? Mia piccola, amara Maria - ti pare?

 Hai una lacrima per ogni parola, ed è per questo che non vorrei parlare. Invece parlo. E piangi. Maria piccola, Maria brada e Maria domestica, tenero amore Maria e Maria sangue acceso, Maria santa. Puttana. No, resta, risiediti che dobbiamo ucciderlo insieme quest’amore: se te ne vai ora muore solo a metà, e l’altro mezzo sguazza, scalcia come un cavallo azzoppato e batte la testa ottusa sul palco di questo ultimo atto. Ti ho letto mille e cento storie addolcite, qui, la sera, per farti addormentare; che importa se una mi sfugge così amara?

 “Maria”, e non ti guardo, che me ne vergogno, “ com’è lui?”.

 “Non facciamoci male, amore”, mi dici nascondendoti nel fazzoletto intriso di muco aggrinzito e striato di ombretto. Proprio tu, Maria, malata di pulito, che sogguardavi ogni collo delle mie camicie, che contestavi la cenere delle mie sigarette distratte, che dicevi “Mi lavo” e per nove anni l’hai detto - prima di incollarmi addosso il tuo sudore e... Proprio tu, Maria?“Il reportage fotografico è pronto” disse Elizabeth al direttore editoriale.
“Lascialo nel mio studio. Più tardi darò un’occhiata” rispose Edward.
Non sapeva che questa volta avrebbe trovato un servizio completo.
“Victoria mi ha detto che il viaggio a Milano è stato fantastico”.
“Decisamente accattivante”, aggiunse Elizabeth, lasciandosi alle spalle l’ufficio di Victoria, il capo redattore. L’amica era rimasta stupefatta leggendo l’articolo che Elizabeth aveva scritto per l’occasione. Si conoscevano da molti anni, ma Elizabeth non aveva mai approfittato di un’amicizia che le univa fin dal tempo dei banchi della scuola e che le avrebbe permesso una rapida escalation. Il suo autentico talento non aveva bisogno di troppe “sgomitate”, né tanto meno di adulazione.
La mente tornò a qualche giorno prima. Aveva scattato molte fotografie, ma dovevano essere accompagnate da parole adeguate ai significati delle immagini. Quando fissava le emozioni con il suo obiettivo, sapeva che la scrittura avrebbe dovuto trasmettere qualcosa di più. Non poteva lasciare ad altri le sensazioni vissute così da vicino. Questa volta Daniel non si sarebbe occupato della stesura. Ripescò gli appunti scritti in modo illeggibile. La sua calligrafia sembrava mantenere un desiderio segreto, quasi a trattenere, fino all’ultimo, la sua espressione più intima. Il computer avrebbe ordinato l’articolo, ripulendolo dai geroglifici. Da molti anni lavorava per quella rivista come fotografa, ma non si era mai occupata di scrittura. Rilesse la pagina lasciata nello studio, accanto ad un plico di foto che tappezzavano la scrivania. Risentì le vibrazioni vissute giorni prima e fissate su quei fogli.
“L’antica armatura proiettava sul soffitto una luce magica. Il guardiano dell’Hotel possedeva il fascino di un tempo lontano che esplodeva nei riflessi dorati delle sue giunture”.
Alessandro, l’addetto alla reception, l’aveva accolta nella hall con i suoi modi essenziali e pregni di distinta riservatezza. Dopo aver consegnato i documenti, aveva sentito il bisogno di addentrarsi nell’ambiente, sospinta da un richiamo inspiegabile. Due alte colonne l’avevano introdotta in una stanza costellata di particolari, da gustare con attenzione. Aveva osservato gli affreschi che abbellivano le pareti e conferivano all’ambiente l’atmosfera del tempo... (segue - totale battute: 8492)

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[ 04 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

35) "IL VECCHIO DI SOPRA" - GIUSEPPE ADDUCCI | CARATE URIO (CO)

Caro Alberto, è tanto tempo che vengo in questo albergo, come tu sai. Ci venivo anche da bambina con i miei. C’è un fatto però che non conosci. E’ una sciocchezza, per questo mi sono sempre vergognata di parlartene, ma è diventato ogni giorno di più una malattia. Sto parlando del vecchio di sopra.

Ricordo che da bambina mia madre mi portava in giardino qui fuori a giocare, la mattina. Quando il tempo era particolarmente bello mi lasciava in mezzo al praticello a fare capriole e a raccogliere i trifogli, mentre lei chiacchierava con altri clienti. Dopo qualche tempo tornava a prendermi, mi teneva in braccio e mi solleticava dolce dolce sotto il mento. A volte capitava che alzasse lo sguardo alla finestra della stanza di sopra e allora salutava il vecchio. Io non riuscivo a vederlo perché il sole a quell’ora mi batteva sempre forte negli occhi, e non riuscivo a sentire il suo saluto di risposta; la mamma mi diceva che lui rispondeva con un sorriso e con un cenno del capo.

Già allora si diceva che il vecchio usciva poco; stava seduto dentro a leggere, e a tutti era simpatico perché non dava fastidio e non si lamentava mai del rumore di noi bambini. Alcuni dicevano di aver ricevuto da lui dei dolci e delle caramelle, ma secondo me erano tutte invenzioni perché volevano far credere di conoscerlo.

Papà la sera mi diceva di non fare rumore perché i vecchi vanno a dormire presto e hanno il sonno leggero ed è l’ultimo che gli resta. “Faranno tanto di quel dormire poi”, diceva, “che adesso ne risparmiano un po’”. Però anche se era buono ed era simpatico a tutti, quel vecchio a me faceva un po’ paura. Non riuscivo mai a vederlo, come fosse sempre al buio; per questo mi faceva paura... (segue - totale battute: 7380)

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[ 04 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

36) "MOONLIGHT" - MIRELLA PUCCIO | PALERMO

Accadeva di tanto in tanto che per scacciare la malinconia, prendevo un bicchiere del nostro vino preferito. Accese le candele, inserivo nel lettore un CD e sprofondavo nel divano. Riempivo il primo calice della serata di Moonlight, come mi piaceva chiamarlo, e assaporandolo i ricordi più belli affioravano impetuosi.


Era iniziata la mia serata in Sua compagnia…


L’aroma intenso di quel vino rosso rubino, sulle note di Sister Moon, la nostra canzone, mi riportava alla mente i giorni spensierati trascorsi in Toscana.


Così iniziò la nostra storia...


C’incontrammo alla reception di un hotel a Firenze. Ero appena arrivata e attendevo pazientemente il mio turno per il check-in, davanti a un gruppo di spagnoli, una coppia di americani e un uomo. Nell’attesa iniziai a sfogliare il dépliant dell’hotel e a guardarmi intorno. La receptionist aveva ultimato l’assegnazione delle camere agli spagnoli, adesso si stava occupando degli americani, mentre il suo collega era impegnato in un’interminabile telefonata.

L’uomo davanti a me si girò con un gran sorriso spiegandomi che era sempre così, ma si trovava talmente bene in quell’albergo che valeva la pena aspettare. Stavolta si sarebbe trattenuto qualche giorno in più per visitare meglio la città e i dintorni. Era nato ad Arezzo, ma per motivi professionali risiedeva a Torino; fortunatamente tornava spesso in Toscana ed era diventato un cliente abituale dell’albergo. In effetti, l’hotel emanava un fascino sottile, con i suoi arredi d’epoca e gli alti soffitti con affreschi del ‘700, le tende in lino candido e i candelieri d’argento, le luci soffuse che si mescolavano ai raggi del sole e i bouquet di lilium intonati alla splendida tappezzeria raffigurante il giglio, simbolo della città. Fra i colori predominavano il verde in tutte le sfumature, ocra e beige, che contribuivano a rendere l’atmosfera calda e accogliente... (segue - totale battute: 18956)

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[ 04 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

38) "HOTEL RESORT" - ANDREA SAVIANO | BASSANO DEL GRAPPA (VI)

Era stato un fine settimana di passione e solo adesso, sulla strada del ritorno, Arturo sentiva incombere su di lui la stanchezza dovuta a quelle notti insonni.

Più di una volta la palpebra era calata sostituendo alla monotona corsia autostradale un placido e alettante buio che conciliava il sonno. Ogni volta era stato in grado di reagire in tempo, ma era ovvio che la cosa non poteva andare avanti così.

Era inutile e rischioso proseguire in queste condizioni quel lungo viaggio nel cuore della notte. Decise che fosse più salubre uscire al primo svincolo e cercare un piccolo albergo in cui trascorrere il resto della notte, tutt’al più un’area di sosta dove poter pisolare un’oretta.

Arturo vide un cartello stradale che preannunciava un’uscita, inserì la freccia a destra a cominciò a sterzare. La doppia curva a esse fece dondolare l’auto e ninnare il conducente, a quel punto fu naturale calare la palpebra. Un attimo, un solo istante in cui l’auto scivolò dritta contro il paracarro a protezione della cabina del pedaggio.

L’esplosione dell’air-bag fece destare nel peggiore dei modi l’autista.

Ripresosi dallo spavento, Arturo slacciò la cintura di sicurezza ringraziando Dio d’essersi rammentato di metterla. Una volta sceso dalla vettura l’iniziale gioia si trasformò in sconforto, perché la sua adorata auto era ridotta a poco più d’un rottame... (segue - totale battute: 8110)

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[ 04 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

39) "SBRIGHIAMOCI" - ALESSANDRA MR D'AGOSTINO | BASIANO (MI)

R. le aprì la porta della macchina.

Aspettò che salisse, poi chiuse ed entrò dall’altra parte.

Allora? Ti va?, chiese voltandosi.

Se son qua si vede che sì, noo?

Allora sbrighiamoci. Non ho molto tempo, disse guardando l’ora.

Come sempre..sussurrò lei senza farsi sentire.

La berlina scura accelerò sulla statale. Prese la prima uscita, verso B.

Imboccò poi lo stradone verso il centro città.

Parcheggiarono in piazza. Proprio davanti all’hotel.

Il vecchio spense il motore.

Allungò la mano sul ventre di lei.

Allora? Andiamo?... (segue - totale battute: 1682)

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[ 07 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

40) "OCCHI NERI DI CAVALLO" - ANNA COMPARINI | SESTO FIORENTINO (FI)

E’ bello come il sole.

E vuole me.

Non so cosa succederà, ma in questo momento lo voglio anche io.

L’ho incontrato per caso. I miei occhi hanno sbattuto contro i suoi.

Occhi neri. Da cavallo di razza.

In quegli occhi, senza accorgermi, mi ci sono infilata dentro come un’adolescente.

Molte parole tra di noi, anche se tra queste troppi nascondimenti per come io sono abituata a vivere la vita.

Io sono acqua trasparente, acqua calda dei mari del mediterraneo; lui sebbene trasparente, acqua gelida di ruscello. Insieme, ho pensato sorridendo, quasi un rilassante centro di benessere.

Nessuna domanda ulteriore.

Nessun inutile e improbabile cenno di conferma.

Adesso sono qui, che cerco su Internet un luogo dove poter sognare assieme a lui. Magari solo per un week end. Per adesso non mi interessa. E sarà una sorpresa... (segue - totale battute: 10682)


[ 11 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

41) "C'EST LA VIE HOTEL" - EMANUELE FINARDI | MILANO

La donna si guardò nello specchio in penombra della stanza d'albergo e non si riconobbe. Di chi era quel corpo allampanato e stanco, sormontato da una testa che faceva pensare ad un uccello spaurito?

E mentre questi fantasmi abitavano la sua mente si scoprì a guardare il bagliore bluastro di neon, pubblicità e rugiada, che penetrava dalla finestra francese violentandone i contorni bianchi.

In fondo, il suo presente assente era come quel giovane magrebino intento a ripulire il marciapiede prima della nuova asfaltatura: bisognava fare presto, perché il capomastro sarebbe arrivato tra poco con il suo carico di frustrazioni di chi piega la schiena la mattina presto.

Un fardello di bile concepito dal lavorare al contrario, nella ingiustificabile fatica di chi suda mentre altri si godono il letto, le sue lenzuola calde, il tepore di baci e carezze, ermafrodite o duali.

Vai a spiegarlo tu al corpo che chiede il riposo, ormai esausto dopo l'ennesima serata passata da Calogero rincorrendo il Bardolino novello o l'ennesimo caffè veramente espresso.

E, invece, bisogna rimettersi in marcia, addirittura quando anche il sole sta digerendo la sbornia di chiaro del giorno prima.

Gia’ difficile. Ma ancor piu’ se e’ il vetro di questo albergo savoiardo a ricacciare indietro sadicamente il poster di una esistenza consumata sul filo sottile del margine... (segue - totale battute: 8425)

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[ 25 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

42) "SUITE" - EMANUELE FINARDI | MILANO

Interno notte.

Una valigia, aperta, distesa per terra.

Fuori, i rumori della città; un profumo di metropoli che riesce a salire sin quassù, all'ultimo piano del grand hotel, arrampicandosi sui cornicioni e passando miracolosamente tra le fessure inesistenti delle finestre.

Sarebbe anche un accompagnamento gradevole, filtrato come è dall'aria del decimo piano. Ma quello che non si può sopportare è la sua mistura con i suoni che, dalla parte opposta, la parete traspira. E' la stessa splendida sensazione che ti frana addosso quando, appena uscito da un raffinato bistrot, gusti il sottile aroma di alta cucina macerarsi nel ventre fritto del pullmino che vende hot-dog.

Nella stanza accanto un quartetto sta provando l'ennesima sinfonia nordica, con un impeto e delle urla tali da sembrare, ad orecchio, più una orchestra be-bop che non un delicato ensamble praghese, come era riportato sul registro nella hall.

Lasciamo perdere. Ci abitueremo presto a questo stralunato battuto di erbe musicali ed esistenziali.

Nella penombra, come taglio di lama uno spicchio di luce. E di decenza.

Il mittente è l'abat jour del bagno, una di quelle lampade che parlano balbettando. Di una tale retorica intermittente che potreste scriverle.

L'indirizzo è facile, sta sopra il lavandino e sotto lo specchio, sulla sinistra appena varcata la porta smerigliata ad arte: per proiettare verso il guardone ombre senza sesso, immaginabili a piacere. E che piacere... (segue - totale battute: 15769)

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[ 26 agosto, 2009 ] • [ eureka ]

50) "VACANZE RELAX" - ELISA PUNTIROLI | CERVIA (RA)

La crisi economica ha colpito davvero tutti; ma andare in vacanza è diventato ormai, al giorno d’oggi, un fabbisogno primario dell’uomo.

Il turista non rinuncia alla settimana (o anche solo a pochi giorni) lontano dallo stress quotidiano e cerca luoghi in cui evadere, preferibilmente a costi contenuti.

L’uomo in questione ha appena sorpassato la cinquantina e decide di andarsene al mare, solo soletto, al solito Hotel a conduzione familiare... (segue - totale battute: 1647)

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[ 02 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

52) "DISOGGIORNO IN SOGGIORNO" - EURWEN TRUMPER | PADOVA

Ecco come riassumerei la vera essenza positiva e perfetta di un hotel se potesse parlare in poche parole. Infatti probabilmente vi sarete accorti che sono edifici tutti diversi, impossibile tentare di riprodurli in modo esatto, almeno nella “vecchia Europa”, dove ancora le vecchie tradizioni ed abitudini conditi con qualche sano principio rimangono radicati nelle persone che la popolano. Ne ho visti molti per i più vari motivi durante la mia vita relativamente giovane e nessuno ha mai potuto essere minimamente paragonato all’altro ed è proprio questo il loro bello, non si sa mai cosa aspettarsi. Grandi, piccoli, d’epoca, moderni, rustici, di città, di montagna, di mare, delle terme, di periferia, per persone d’affari, di lusso; catene notissime in tutto il mondo, a conduzione familiare, in mezzo al nulla o nel centro di tutto, ognuno comunque e sempre con la propria anima distinta... (segue - totale battute: 10298)

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[ 07 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

53) "PRENOTAZIONI PERICOLOSE" - EURWEN TRUMPER | PADOVA

Vi siete mai chiesti cosa potrebbe succedere se vi sentiste dire al telefono dal personale di un albergo: “mi spiace ma siamo al completo per la stagione”? Ebbene questo è ciò che capitò a Nicola quando chiamò l’albergo che aveva scelto con cura. Erano mesi che programmava di alloggiarvi per trascorrere le sue tanto agognate ferie estive, ma purtroppo dovette optare per un altro hotel con suo gran rammarico. Si disse “questo è quello che succede negli hotel più esclusivi se non si prenota in anticipo” ed infatti aveva proprio ragione. Ma lui voleva a tutti i costi soggiornare in una località esclusiva frequentata dai personaggi più noti della società italiana ed internazionale e così dovette optare per un quattro stelle situato in una zona meno centrale ma comunque nota come quella di Taormina. “Non importa”, si disse, “male che vada conoscerò qualche soubrette o attricetta alle prime armi”. Ma non immaginava cosa sarebbe potuto accadergli. In quel soleggiato mattino di metà giugno i gabbiani volavano in alto nel cielo e l’aria marina arruffava i capelli, così Nicola era pronto a cominciare la sua vacanza... (segue - totale battute: 10341)

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[ 07 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

55) "2 O 3" - ROBERTO LOMBARDI | ZAGAROLO (RM)

Poche cose tradiscono come la voce e gli occhi, la voce, soprattutto. Al di là di quello che si dice, intonazione, impostazione e volume raccontano storie parallele a quelle che simultaneamente escono dalla stessa bocca. Brian parlava da persona intelligente, sensata. Aveva portato suo figlio Peter a fare un viaggio a Praga. Ne avevano bisogno tutti e due. Per entrambi avere Lorna lontana era un grande dolore. Madre di Peter, un ragazzo di tredici anni, e quasi ex-moglie di Brian, era una donna bella, determinata e con un sottile gusto della crudeltà. Era infatti solo per crudeltà che aveva sposato quell’uomo così tranquillo, prevedibile, vulnerabile. La faceva sentire importante. Non era un mistero che lui fosse pazzo di lei. Avevano fatto quel figlio, Peter, per convenzione sociale e/o per istinto. Da sempre lei aveva avuto le redini della situazione. Il suo lavoro di direttrice commerciale di una grossa ditta che produceva dispositivi di precisione, la portava in giro per il mondo. Incontrava presidenti di consigli di amministrazione, imprenditori d’assalto e funzionari governativi corrotti. Con tutti sapeva parlare, a tutti sapeva vendere. Di nascosto, ma solo di nascosto, la sua passione erano i sigari, che fumava in qualunque stanza di hotel prima di dormire. Nondimeno, sapeva preservarsi alito e dita dal forte odore che l’avrebbe fatta prendere per un vecchio d’altri tempi. Usava un collutorio e una pomata alla menta che una sua amica erborista aveva creato per lei. L’odore naturale di Lorna, o meglio il suo profumo era davvero pura sensualità. Poche gocce di bagnoschiuma alla lavanda che sposava la sua pelle come la più perfetta delle combinazioni la rendevano unica. Emanava un messaggio ormonale intenso e secco per ogni maschio che le si avvicinava che era quasi una sberla per il sistema endocrino dei rappresentanti del sesso opposto al suo. I suoi modi erano accattivanti, ma spicci.. Senza inutili circonlocuzioni arrivava al punto, precisa. Ma con quella stessa determinazione si sbarazzava di cose e persone che non le servivano. Forse un giorno aveva amato Brian, ma questo apparteneva al passato. Ora lei era da qualche parte del nord Europa a spiegare le meraviglie dei suoi cataloghi e del nuovo sistema di distribuzione giapponese. E Brian, invece, era solo un impiegato in un ufficio postale... (segue - totale battute: 4433)

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[ 10 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

56) "La lunga notte" - CRISTINA DAMO - Borgo Podgora (LT)

Entrata nella camera dell’hotel si gettò sul letto. Sfinita osservava il soffitto. Le ore di viaggio non erano state molte ma il caldo soffocante le aveva rese infinite. Appena la temperatura corporea prese a scendere decise di smetterla di fissare un bianco nulla e di farsi una doccia. Pochi secondi dopo l’acqua di una meravigliosa doccia le rigava il corpo, si sentì subito rigenerata. Tornò nella stanza, prese la valigia e l’aprì. Tirò fuori una canottiera e un paio di culottes, tolse l’asciugamano che l’avvolgeva e indossò l’intimo che avrebbe sostituito il pigiama per quella notte. Poi prese gli indumenti per il giorno dopo e li appoggiò alla sedia. Non disfaceva mai completamente la valigia, era una sua piccola mania. Infine prese il libro del suo autore preferito, pregustando la lettura che ne sarebbe seguita di lì a qualche minuto. Riportò l’asciugamano in bagno, si lavò i denti, e quando fu nuovamente nella stanza, spense il condizionatore e prese il lavoro per darle un’ultima occhiata. Si sedette alla scrivania che fortunatamente era abbastanza spaziosa e aprì la cartellina. In una busta c’era la lettera, ovviamente l’originale che era stato peritato... (segue - totale battute: 15841)

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[ 13 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

57) "HOTEL RINASCIMENTO" - GIORDANO SAMMURI | LIVORNO

J.P. Salinghieri aprì gli occhi un attimo prima che la voce atona e metallica del pilota filtrasse nell’abitacolo annunciandogli l’arrivo. Si concesse un lungo sbadiglio, stirò i muscoli tanto che credette di aver guadagnato dieci centimetri di altezza e scese dalla navetta. I lunghi viaggi nei siderei lo esaurivano e non si sarebbe mai abituato allo sgradevole formicolio nelle ossa che gli procurava la gravità artificiale. In gergo lo chiamavano tremito dell’astronauta, ne soffrivano una persona su dieci. Un uomo in livrea color porpora e un assurdo cappello nero gli si fece incontro, fermandosi con un cenno di inchino. -Benvenuto a Hotel Rinascimento signor Salinghieri. Siamo magnificati della sua presenza- J.P. Salinghieri doveva ancora riprendersi dai trentacinque giorni di viaggio e dal rumore di sottofondo che la stanchezza produceva nelle sue sinapsi, per apprezzare a pieno l’insolito saluto dell’inserviente. Un uomo privo di capelli attraversò la cortina di luce azzurra che la maggior parte degli hotel orbitanti usava per celare lo scalo delle navette. -Mastro Salinghieri, benvenuto!- l’uomo era piuttosto basso e pingue come se fosse appartenuto a un pianeta ad alta gravità. Salinghieri lo riconobbe come il proprietario di Hotel Rinascimento; frugò nella memoria appesantita dal viaggio spossante e trovò il nome... (segue - totale battute: 10897)

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[ 16 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

58) "PROMESSA" - GIORDANO SAMMURI | LIVORNO

La pioggia cade fitta e leggera, come il precipitare di migliaia di fili di seta. È molto raro imbattersi in una giornata simile a metà luglio, ma non insolito. L’hotel è gremito di clienti, come sempre da centodieci anni a questa parte. Ricordo come fosse ieri la faccia soddisfatta di Giovanni Palmieri quando vi fu l’inaugurazione, con gli invitati accorsi da tutta la Toscana: notabili, dottori, avvocati, insomma, quella che era ritenuta il migliore esempio di questa umanità in perenne cammino. C’erano anche molte persone del posto, per lo più contadini che fino a due anni prima si occupavano degli olivi che prosperavano sul terreno nel quale l’Hotel Ambassador affondava le radici di pietra e mattoni. Giovanni lo aveva battezzato così, in onore di suo nonno, Mario Palmieri, che era stato ambasciatore italiano presso Rio de Janeiro. Giovanni non perdeva mai occasione di raccontare di quella volta in cui suo nonno aveva incontrato Garibaldi, approdato nel porto di Rio con la Mazzini; andava talmente fiero della sua famiglia da allestire a piccolo museo una sala a piano terra dell’hotel. Certe volte, di notte, quando tutti dormono e non si ode il minimo rumore, tranne quello delle gocce di rugiada che cadono dalle foglie, amo raggiungere il piccolo museo. Sfioro gli oggetti raccolti nelle teche, sfoglio i libri e i diari, guardo a lungo i dipinti che ritraggono volti trascorsi come le albe e i tramonti, mi soffermo davanti alle fotografie, vecchie immagini in bianco e nero che incorniciano persone in posa, un poco rigide di fronte a quello che doveva sembrare uno strumento tanto innovativo quanto temibile. Una di esse ritrae la famiglia Palmieri con il personale dell’hotel; qualcuno, sul margine inferiore della fotografia, ha scritto con calligrafia elegante e leggera: estate 1908... (segue - totale battute: 11883)

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[ 16 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

59) "BRIGITTE" - LELLA CERVIA | CARRARA (MS)

La moquette rendeva ancora più silenzioso il suo incedere lungo i corridoi dell’Hotel. Doveva proprio risolvere il caso, era il suo primo incarico ma lei avrebbe preferito starsene a letto, quella mattina. Erano le sei, albeggiava e non aveva ancora bevuto un caffé. Le porte delle camere erano di legno chiaro con maniglie satinate in argento. Non esistevano numeri ma nomi, ogni stanza aveva il suo. Viola era al primo piano, in fondo al corridoio a destra e lì la cameriera aveva sentito prima un grido soffocato e poi un tonfo, alle quattro e trenta della mattina. Strana ora per scomparire, sì perché la stanza era vuota, completamente sottosopra ma senza vita all’interno... (segue - totale battute: 12332)

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[ 27 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

60) "LA CAMERA (OBSESSION)" - ALESSANDRO TACCONI & PIERO PEZZONI | DAIRAGO (MI)

È la prima cosa che vedete: l’orecchio. Non nella sua interezza, questo è chiaro. Qualche lembo, ma sufficiente a farvi capire che si tratta di un orecchio umano. Da una parte vi è una porta di legno dall’altra, ovviamente, il cranio cui è attaccato l’orecchio.

È un maschio, razza caucasica, età cinquant’anni circa, alto un metro e ottantasette, capelli spettinati. Ivan è appoggiato alla superficie liscia della porta. Scosta con la mano destra un quadretto, il prezzario della stanza numero 23.

Alta stagione (magg.-sett.) 80 euro
Bassa stagione (ott.-apr.) 60 euro


Le guance sono ricoperte da peluria ispida e rossiccia. In lontananza, prima attutiti poi sempre più nitidi, due colpi seguiti da una pausa. Uno-due colpi e pausa. Rumore come di passi su moquette soffice e marrone.
-Non è niente!- sospira Ivan.
Si allontana dalla porta. Sembra sia trascorso un tempo lunghissimo appoggiato a quella parete. Spalla e guancia, poco prima perfettamente aderenti alla superficie, sono intorpidite e formicolanti... (segue - totale battute: 13701)

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[ 27 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

61) "UNA DECISIONE DIFFICILE" - IRENE ZANETTI | BRESCIA

Nove mesi possono essere tanti o pochi, durare un'eternità, svanire in un battito di ciglia, oppure, semplicemente, possono non trascorrere. In quel caso ci si trova proiettati nel futuro spaesati e confusi come è accaduto a me. Sono seduta sul bordo della piscina panoramica. Nonostante tenga lo sguardo fisso sul paesaggio montano circostante, continuo a sentirmi osservata. Un pancione come il mio attira sempre molte attenzioni; il fatto che soggiorni da sola, poi, non fa che aumentare la curiosità dei villeggianti. Il peso degli sguardi mi rende nervosa, ho bisogno di rilassarmi. Con fatica mi alzo e raggiungo la mia sdraio. Infilo l'accappatoio e le ciabatte coordinate che ho trovato in camera al mio arrivo in hotel e, con cautela, raggiungo la sala relax. Come al solito è vuota; tutti preferiscono la sauna, la piscina o il centro benessere. A me, invece, piace molto: le luci soffuse, il leggero profumo di incenso e gli spartani lettini bordeaux corredati da un cuscino bianco cilindrico, mi trasmettono un forte senso di pace ed intimità. Giusto quello di cui ho bisogno in questo momento. Mi sdraio sul lettino in fondo. E' il mio preferito perché, essendo per un quarto nascosto da una colonna, sembra più accogliente degli altri. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla lieve musica che con discrezione aleggia nella stanza... (segue - totale battute: 9327)

 

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[ 27 settembre, 2009 ] • [ eureka ]

62) "STANZA MORTALE" - ALESSANDRA MOSCA PROIETTI | TERNI

Molte volte ho detto a me stessa, “morirei per soggiornare almeno un giorno in un albergo di lusso” ed ora che c’ero dentro, avrei preferito dormire in una tenda da campeggio, ma viva e vegeta. La hall dell’albergo era poco arieggiata e tutto intorno si respirava un odore di vecchio. Gentilmente un alto signore, (sicuramente il facchino), magro e trasandato, mi accompagnò fino alla camera e mi consegnò con le sue mani scarnite la chiave. Inserì quest’ultima nella serratura arrugginita e dopo uno strano rumore, come se avessi azionato chissà quale meccanismo, entrai all’interno. La stanza era molto piccola, ma al quanto tetra. La carta da parati era di un colore viola scuro, come se fosse un periodo d’avvento. Appesi alla parete, potevo notare non certo paesaggi montani o marini, ma volti poco allegri di gente cadaverica o per lo meno priva di trucco. Il battiscopa che delimitava l’ambiente, ogni tre metri era interrotto da grosse tane di topi, i quali tranquillamente girovagavano per la stanza. Il pavimento dove poggiavo i piedi, era di mattonelle a forma di ragnatela e in tinta con un enorme finto ragno nero. Quest'ultimo fungeva da lampadario, con dalle molteplici zampe, che sorreggevano a loro volta delle vecchie e consumate candele. Il soffitto era di un colore rosso scuro, con incisi simboli indecifrabili. Il letto era quello di un fachiro, con base di chiodi, ricoperto da delle lenzuola di seta nera e privo di cuscino. Adiacente a quest’ultimo vi era un comodino con un telecomando, dove i tasti erano fatti di denti umani, anche se nella stanza, non vi era nessuna televisione. Poi sempre adagiato sul mobiletto, per chi avesse avuto voglia di fumare o in questo contesto, smettere di farlo, poteva trovare aiuto, con un posa cenere con la forma di mano scheletrica. L’armadio per riporre i bagagli, era fatto di legno di frassino, ormai vecchio e cigolante a forma di bara, con uno specchio che non rifletteva neanche un pezzo del mio corpo e che mi faceva sentire per un attimo un vampiro... (segue - totale battute: 6849)

 

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[ 04 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

63) "COINCIDENZE" - SIMONA SANTARCANGELO | MILANO

L’Estate del 2001 fu diversa da quelle trascorse precedentemente. Tutto iniziò per puro caso, si potrebbe dire per volere del destino, poiché l’Hotel “Violetta” non faceva parte dei miei programmi. Avrei dovuto viaggiare tranquillamente con la mia fedele Lancia , qualche pacchetto di sigarette e un cd di Vasco per farmi compagnia. Solo 3 ore di viaggio e mi sarei goduto la meritata vacanza insieme ai miei cari vecchi amici. Ogni anno sempre la stessa routine : grigliate,partite a calcetto, serate al bar, torneo di scopone scientifico . Nulla di così esaltante, ma la voglia ti ritrovarsi e stare tutti insieme senza pensieri e senza preoccupazioni era talmente forte che ci sarebbe bastato poco per essere felici. Così ogni anno percorrevo per 3 ore l’autostrada, coi finestrini abbassati e l’aria che mi rinfrescava il volto. Ogni anno tranne quello. Invece della sdraio sotto al porticato della casa di montagna mi ritrovai su un letto in una stanza di 50 cm quadri. Con le mani incrociate dietro la testa mi misi a fissare il soffitto per minuti interminabili. Avrei dovuto aspettare l’indomani per poter cambiare la ruota, visto che la domenica, in quel paese, tutti i servizi erano chiusi. Alla reception mi aveva accolto un’anziana signora che, molto gentilmente,( per quanto il suo sguardo cupo e malinconico potesse mostrare gentilezza) mi aveva permesso di pernottare in attesa della riparazione... (segue - totale battute: 9159)

 

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[ 04 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

66) "UOMINI CON LA VALIGIA" - LUIGI CHIAPPA | MILANO

Vivo in albergo. Non è una scelta di vita, è necessità. Già, perché viaggio per lavoro. La chiamano trasferta, io ci aggiungo permanente. Diciamocelo, noi siamo sempre in viaggio, uomini con la valigia. A poco a poco ci accorgiamo di non avere più una casa, perché ne abbiamo tante. Siamo dei marinai, ad ogni porto ci attende qualcuno. Arriviamo in albergo, e sbirciamo da lontano se c’è quella receptionist carina. Maledizione, c’è in giro il suo collega. Quell’antipatico che l’ultima volta sosteneva che avevo mangiato le patatine del frigo bar, chissà perché poi. Mi saluta con deferenza, “Ingegnere”, del resto sono qui almeno due volte al mese. Mi informa che è stato apportato un cambiamento al modulo di registrazione, così mi tocca compilarlo da capo. Almeno a questa fatica corrispondesse l’eccitazione di entrare in un albergo nuovo. Riempio, firmo e controfirmo. Chiamo l’ascensore, coltivando nel cuore la speranza che ci metta moltissimo ad arrivare. Già perché dopo il sottoscritto si è presentata alla reception una ragazza carinissima, proprio non mi dispiacerebbe farci due chiacchiere. Che mi potrebbero garantire la possibilità di sedermi al suo tavolo per colazione... (segue - totale battute: 7204)

 

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[ 19 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

68) "LUCI SOFFUSE" - ANNA MARIA MARCANTONI | RIMINI

Entrata elegante, sontuosa. In mezzo alla sala una carrozza “Luigi Quindici” dava l’idea della imponenza dell’hotel. Luci soffuse provenienti da lampade antiche, nascoste fra piante esotiche cadenti, come la cascata d’acqua che scendeva dalla parete di roccia, l’allegro e rigoglioso cadere scaturiva una voglia pazzesca di un tuffo fuori luogo. Il Profumo d'essenze, sprigionate dalle svariate qualità di fiori armoniosamente disposti in ogni angolo, era piacevole. C’era aria di pulito, di fresco, come le mele di colore rosso brillante che facevano bella mostra nel vassoio posto su di un tavolino multietnico, a fianco dell’ascensore che portava direttamente alla Suite. La visione del frutto sollecitava le papille gustative di lei... Cosa c’era di meglio che assaggiare l’invitante pomo? Addentò con avidità, mista alla rabbia, la polpa bianca e saporita, apprezzandone la qualità come apprezzava quel che provava per il suo uomo. Qualsiasi fosse il motivo di quel viaggio era meglio rinfrescarsi le idee e la bocca, poi avrebbe chiarito con calma la posizione col suo compagno... Gli avrebbe confessato che lei era innamorata di un altro. Aveva accettato l’invito di quel viaggio con l’intenzione di parlargli apertamente di questo... con la speranza di non litigare troppo, come succedeva invece a casa loro, che non arrivavano mai alla chiarificazione... per le urla con le quali ognuno esponeva le proprie incomprensioni, finivano con uno sbattere di porte... e tutto rimaneva sospeso…. Lì... in quell’albergo, non sarebbe andata così ... (segue - totale battute: 7674)

 

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[ 22 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

69) "VAPORE" - DANIELA BOARINO | TORINO

Avvolta nel soffice accappatoio e con i capelli trattenuti dal telo di spugna, la donna si era sdraiata sulla panca di piastrelle color bronzo. Non c'era nessuno in quella penombra umida, era sola. Sapeva che là dentro, in quel silenzio, avrebbe potuto piangere senza doversi giustificare con nessuno, nemmeno con se stessa. Avrebbe potuto confrontarsi con la sua disperazione liberamente, senza vergogna. Negli ultimi tempi lo aveva fatto anche altre volte, tante altre volte. La Spa dell’hotel più esclusivo della città si trovava a due passi da casa sua, in Via dell’Arcivescovado. Ci poteva andare a piedi, senza prendere l’auto. Non doveva preoccuparsi di portare né asciugamani né bagnoschiuma né altro. Le veniva fornito tutto e poteva arrivare lì a qualsiasi ora perché rimaneva sempre aperta... (segue - totale battute: 3054)

 

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[ 25 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

71) "L'ALBERGO PERFETTO" - CLAUDIO FOTI | ROMA

“Porta le valige in stanza, Vincent, e in fretta!” Disse la signora Godoi al figlio che, appena arrivato in albergo, si era già sdraiato sul divano davanti alla reception. Ma prima che il sedicenne avesse la possibilità di alzarsi, un mini robot, che fino ad allora se ne era stato inerte vicino al muro, si mosse, afferrò le tre valige e si affrettò a salire le scale. “Grazie ehm… come ti chiami?” Domandò Vincent. “N° 127, al suo servizio!” Rispose quello con voce metallica. “Io preferirei chiamarti per nome, veramente. Che te ne pare di Adamo?” “Adamo al suo servizio, signorino Vincent!” Ripeté prontamente il robottino, mentre Vincent ridacchiava sommessamente. Nella hall la signora Godoi faceva mille complimenti all’architetto dell’albergo, Giuseppe Gelemen, Vincent la osservò poi spostò lo sguardo sulla grande e prestigiosa costruzione che la sua famiglia aveva appena comprato: tutto era illuminato da una luce giallo-ocra che dava una sensazione vintage a quell’hotel più che moderno; grandi specchi ovali bordati da cornici dorate e argentate erano presenti in tutte le spaziose stanze, primule e rose fresche, preziosi e colorati vasi cinesi e tappeti persiani. Le finestre, ornate da tende di pizzo cangianti di colore, si aprivano su uno dei più bei quartieri della città, costituito da ville imponenti e traboccante di verde. Proprio dietro l’albergo, si trovava la dependance, una villetta, abitata da una famiglia che, si occupava delle pulizie e del catering dell’hotel. Simpatici e amichevoli... (segue - totale battute: 19993)

 

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[ 25 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

73) "SIGNOR D" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Ringraziò il portiere dell’hotel mentre ritirava le chiavi. 406 questa volta. Era già stato in quel posto anni addietro, aveva prodotto una delle sue opere migliori, tinte acquarello. Sorrise e ringraziando nuovamente afferrò la scura valigia in pelle compagna di migliaia di altri viaggi. Attese con calma l’ascensore osservando la scena attorno a lui. Una giovane coppia, impegnata a programmare le escursioni dei giorni successivi tra cartine e opuscoli promozionali, occupava il tavolo accanto alla reception scherzando su chi si sarebbe affaticato prima. Pensò che non erano ancora sposati, troppo giovani per esserlo. Poi la ragazza baciò il fidanzato sulla fronte. Il signor D sorrise. Sarebbero andati alle cascate l’indomani mattina, partendo all’alba, su questo il signor D non aveva alcun dubbio. Le porte dell’ascensore si aprirono di fronte a lui. Parecchi i cambiamenti da quando era stato all’hotel l’ultima volta... (segue - totale battute: 7693)

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[ 28 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

76) "L'AGGUATO" - PAOLO DELPINO | MILANO

Sirio Marri richiuse la porta del motel dietro di sé e rabbrividì. Proprio la giornata giusta per un appuntamento in quel posto dimenticato da Dio... e, come questo se non fosse bastato, c’era una dannata bufera, là fuori. Fortuna che aveva le gomme da neve. Per Antonio Francia, il boss, non esistevano giorni speciali: il lavoro veniva prima di tutto, o, per meglio dire, c’era solo il lavoro. Vero che fin lì tutto era filato per il verso giusto, e Sirio vi aveva avuto il suo tornaconto. Francia non aveva scrupoli: pochi affari, combinati bene, con le persone giuste e al momento giusto. E Marri aveva il compito di curare la parte finanziaria. Francia era un intermediario, non certo di mezza tacca, visto che a lui si rivolgevano non solo malavitosi di rango, ma anche persone insospettabili: in una parola, i padroni della città. Fare e disfare società, manovrare il denaro lungo le autostrade elettroniche, cancellare le tracce delle transazioni, erano attività in cui egli non aveva rivali. Le uniche tracce restavano nel portatile di Sirio. Da un po’ di tempo, però, Marri aveva prima iniziato a riflettere, poi a coltivare dubbi... (segue - totale battute: 15746)

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[ 31 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

78) "L'HOTEL IN CITTÀ" - COSTANTINA FRAU | ABBASANTA (OR)

Nel cielo imbronciato lampi di luce trafiggono le nuvolaglie, penetrano dai vetri della finestra, i rumori della strada s’infilano dal portone insieme ai turisti imbacuccati, le sciarpe grigie avvolte al collo. Bonsoir e good evening. Squilla il telefono. Careluna, immersa nella lettura, risponde appena agli have you a room e agli avez vous de chambres? Le due lingue più diffuse a Roma. Gli occhi fissi sul libro, l’orecchio vigile al suono del telefono e del campanello della porta. Lavoratrice studente, dato un esame ce n’è un altro da preparare, senza avere il tempo di godere della gioia di aver superato il precedente, di godere la giovinezza, passata a studiare. Al lieve tocco alla porta che da in portineria entra Rainer, in mano ha una rosa rossa avvolta in carta trasparente. -Guten Abend, ist schon hier zu sien! Il giovane Rainer attratto dall’arte e dalla storia della Roma barocca, dilaniata dalle lotte dei nobili per il potere, dalle atrocità e dalla lussuria sfrenata delle corti, dalla scandalosa corruzione dei papi simoniaci e dai processi inquisitori della Chiesa postconciliare. Rainer, venuto nell’urbe per conoscere e comprendere i segreti misteriosi degli artisti e delle loro opere. Opere scaturite dalle proprie dolorose esperienze e da quelle dei protagonisti delle sacre Scritture, il Cristo Crocifisso, la Madre e le Donne ai piedi della Croce, i Martiri della fede... (segue - totale battute: 14525)

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[ 03 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

79) "L'HOTEL AL MARE" - COSTANTINA FRAU | ABBASANTA (OR)

Sdraiata nel letto della stanza d’albergo, scrivo su una vecchia agenda con tanti fogli strappati, tante giornate vissute bene e male. Ripenso alla mia infanzia tra la gente, alla mia gioventù, sradicata dal paese e dagli affetti. Penso al ritorno nel mio mondo, all’identità ritrovata, all’amore e alle incomprensioni, alle promesse non sempre mantenute. Dal giardino dell’albergo mi giungono le note allegra della Macarena. Dai, scendi, insistono gli amici, è facile da ballare, ci riescono anche i vecchi! Gli amici sono qui per riposarsi in quest’albergo in riva al mare. Hanno lasciato a casa gli affanni di un anno di lavoro. Parlano solo del presente, dei pranzi e delle cene, dei maestri di ballo e di ginnastica, all’aperto e in palestra. Mare e bosco è il loro mondo, gite in barca e giochi in acqua, partite di tennis e a tressete, e tanta tanta chiacchera nelle passeggiate sottobbraccio lungomare, respirando a pieni polmoni aria pura, mangiando cibi sani squisiti, serviti da gentili camerieri. Sento la voce del maestro di ballo esortare i renitenti. Dancez mesieurs e mes dames! Changez la famme! Sento gli applausi degli spettatori. Sono in camera a scrivere in quest’agenda aperta a giugno, sono qui a far bilanci, a scavare nel passato. Penso a mio marito in giro a cercar pietre per finire la casa di campagna, per rivestire i muri esterni, quello di recinzione, il selciato dell’entrata, per, per… Sempre a cercar pietre! In inverno piene di muschio, in estate arroventate dal sole, rotonde, ovali, piatte, bombate, piccole, medie e grandi, delle forme più strane lavorate dall’acqua, dal vento, ma sempre e solo di basalto chiaroscuro, per non contrastare col paesaggio. Le porta nella casa di campagna, vagheggiata, ideata, disegnata senza geometri e architetti, costruita con la buonuscita. Ogni pietra dovrà occupare il posto giusto, il più congeniale, come un essere animato. Come le pietre animate delle leggende. Le pietre fisse, esseri trasformati in pietre, protagonisti di storie liete e tristi, personaggi delle tenebre, banditi solitari, traditori degli ospiti, madri pietrificate dal dolore, spose pietrificate dall’attesa. Come lo sono io... (segue - totale battute: 5401)

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[ 03 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

80) "SCENE DA UN MATRIMONIO" - LAURA POLETTI | RAPALLO (GE)

Il maresciallo Guidi si guardò intorno per tre volte prima di rendersi del tutto conto dello stato di distruzione in cui versava la hall dell’Hotel Primo Sole. Vedere quello che poteva essere considerato un orologio svizzero per ordine e precisione trasformato in una caos assoluto gli procurava un dolore quasi fisico. Stava diventando vecchio. -Se questo è il modo in cui finiscono le feste di matrimonio, sono sempre più convinta che non mi sposerò mai, anche se mia madre continua a insistere. La voce di Veronica Bartolini lo riportò alla realtà. La ragazza era stata assegnata alla stazione da qualche mese, e aveva già dato prova di essere più pronta e intelligente di molti colleghi uomini. E, nello stesso tempo, aveva convinto il maresciallo che chiunque avesse avuto la sorte di prendersela in moglie, sarebbe stato costretto a una vita di obbedienza e sottomissione, in cui difficilmente avrebbe potuto dissentire anche di poco dalle opinioni della donna. Un carabiniere anche nella vita privata. La ragazza lo guardava, in attesa di ordini. -Prima cerchiamo i colleghi, poi iniziamo con qualche domanda. Il maresciallo poteva sbagliarsi, ma ce ne sarebbero volute parecchie... (segue - totale battute: 12133)

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[ 07 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

81) "GIRO DI VALZER" - ALESSANDRO BERTOLLI | LONATE POZZOLO (VA)

Eravamo nudi; nudi e intirizziti sotto il lenzuolo che non voleva saperne di scaldarci. Era ancora presto. La sua faccia, rossa e spossata, premeva sul mio cuscino, contro la testiera fint’ottone; io gli guardavo le labbra, lui non so cosa guardasse, ma tutto era strano perché non si muoveva. Allora feci perno su un ginocchio e su una spalla, e mi spostai io, in avanti. I miei seni gli premevano contro il petto: sentivo i suoi piccoli capezzoli che me li pizzicavano proprio sulle punte. Lui sollevò un lembo di lenzuolo, accavallò una gamba alla mia coscia e poi, con prudenza, m’avvicinò la fronte al mento. Il letto adesso era tiepido, ma io avevo sempre la pelle accapponata. Il tempo non correva più e pareva voler accompagnare con gentilezza i nostri fiati: ci soffiavamo in faccia e ognuno respirava l’aria dell’altro, ognuno continuava a vivere soltanto perché entrambi ci alitavamo addosso. E io tenevo gli occhi chiusi stretti, tremanti. Lui accennò a carezzarmi i capelli: seguii senza vederlo il percorso che la sua mano fece a sfioro del mio braccio, risalendo lungo un fianco e strusciando contro il lenzuolo, sotto, per poi uscirne e solleticare appena le cime dei miei ricci. Quindi rifilò sottocoperta tirandosi dietro il lenzuolo, che ci scoprì fino ai gomiti. Io aprii gli occhi e vidi che lui li teneva chiusi e pareva stesse mangiandosi le labbra. La penombra era più luminosa del giorno che cresceva oltre le persiane, perché tutto rendeva più evidente nei dettagli, celando solo quel che non doveva contare. Il letto era tutto una sfumatura di bianco, che poco a poco andava spegnendosi lungo il suo perimetro fino a confondersi con il grigio-biondo che tratteggiava il rimanente della stanza Ventitré... (segue - totale battute: 15889)

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[ 08 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

82) "QUEL DAVANZALE SUL MONDO" - ANNA MARIA MARCANTONI | RIMINI

Cosa ci trovasse in quella stanza… Nessuno lo sapeva. Se lo chiedevano alla Reception ogni volta che telefonava per fare la prenotazione. Pronto…Si..Si…Posso avere la camera n°5 al secondo piano? Chiamava sempre con molto anticipo. Così da tantissimi anni, l’accontentavano. La Mora Striata era la prima ad arrivare, con lei iniziava l’estate nell’hotel. Quando ripartiva aveva un’ abbronzatura che la faceva apparire più bella, In realtà era abbastanza scialba , ma quel bel colore bronzeo faceva sparire il pallore dell’arrivo. Per i proprietari dell’hotel, la sua presenza, era considerata di buon auspicio, quindi la benvenuta per iniziare la stagione estiva con successo. In realtà, il personale dell’hotel, l’aveva paragonata ad una di quelle piante esotiche lunghe e smilze, sembravano rinsecchite, eppur riempivano gli spazi degli angoli più importanti delle sale, se tolte si notavano di poco gli spazi vuoti anzi !.. La Mora striata era molto scarna, insignificante e un po’ strana, incuriosiva quel suo carattere fin troppo riservato e scostante. Quando lei ripartiva l’hotel era gremito di tante persone ancora in piena stagione estiva... (segue - totale battute: 9791)

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[ 08 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

84) "IL PAGLIACCIO" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

La mano passa e ripassa a colorarne i contorni. Rosso scarlatto, sempre più spesso, più sbavato. In quello specchio d'hotel legge tutto, può leggere anche il suo stato d'animo, leggere quello che è più in profondità, non basta un cerchio intorno agli occhi a celare la verità. Passa di nuovo quel tubo rosso che ha tra le mani, mentre le note di pianoforte saltellano sui tasti bianchi e neri in un giro che sembra non finire mai. Il passaggio sta avvenendo, torna ad essere quello che vorrebbe sempre essere. Sta bene. La lacrima, solo disegnata, sulla guancia è già pronta. Pronta per il prossimo show, quello che vorrebbe non finisse mai. La lacrima vera è nel cuore. Si tocca i fili di capelli rosso ramato, finti, ma così parte di lui, della propria figura. Non è un gioco da ragazzi, lo sa bene, ora che si sta perdendo ancora più a fondo nei meandri del confronto tra il lui reale e Spino. Non è un trapezista, non c'è rete sotto di lui ad attutire la caduta. Lui è solo un clown, ridere e ridere ancora, nonostante tutto non sia come vorrebbe là fuori, fuori da quella mascheraCosa ci trovasse in quella stanza… Nessuno lo sapeva. Se lo chiedevano alla Reception ogni volta che telefonava per fare la prenotazione. Pronto…Si..Si…Posso avere la camera n°5 al secondo piano? Chiamava sempre con molto anticipo. Così da tantissimi anni, l’accontentavano. La Mora Striata era la prima ad arrivare, con lei iniziava l’estate nell’hotel. Quando ripartiva aveva un’ abbronzatura che la faceva apparire più bella, In realtà era abbastanza scialba , ma quel bel colore bronzeo faceva sparire il pallore dell’arrivo. Per i proprietari dell’hotel, la sua presenza, era considerata di buon auspicio, quindi la benvenuta per iniziare la stagione estiva con successo. In realtà, il personale dell’hotel, l’aveva paragonata ad una di quelle piante esotiche lunghe e smilze, sembravano rinsecchite, eppur riempivano gli spazi degli angoli più importanti delle sale, se tolte si notavano di poco gli spazi vuoti anzi !.. La Mora striata era molto scarna, insignificante e un po’ strana, incuriosiva quel suo carattere fin troppo riservato e scostante. Quando lei ripartiva l’hotel era gremito di tante persone ancora in piena stagione estiva... (segue - totale battute: 2559)

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[ 10 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

86) "CERCASI CAMERA DISPERATAMENTE" - FEDERICO ZUCCHELLI | LIVORNO

Alberto Lessi stentò a comprendere subito la gravità della situazione. Era sicuro di aver prenotato in quell’albergo e si meravigliava del fatto che di quella richiesta non fosse rimasta traccia. “Le ho spiegato che non ci risulta in essere nessuna prenotazione. La signora con cui lei avrebbe parlato, è stata licenziata da qualche giorno per scarso lavoro” ribadì un po’ seccato, l’addetto alla receptionist. Si notava chiaramente l’imbarazzo e la vergogna che percorrevano il suo volto, solcato da un’infinità di profonde rughe. La colpa però non era sua, né del resto sussisteva alcuna responsabilità oggettiva dell’albergo. Allargò le braccia e si trincerò in un mutismo che agli occhi di Alberto valeva quanto una condanna. “ Ho fatto più di trecento chilometri e mia moglie è incinta. Me la può trovare un’altra camera?” protestò l’uomo, trafelato... (segue - totale battute: 6887)

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[ 13 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

88) "UNA STANZA SPECIALE, DUE CUORI VICINI" - ERIKA BOLLETTIN | PADOVA

Difficile riuscire a concentrarsi, riflettere, pensare a quale sia la cosa giusta da fare, la scelta più appropriata. Ci sono momenti in cui ogni sforzo sembra vano, momenti in cui la donna razionale, abituata a coordinare e a risolvere situazioni complicate che arrivano più puntuali di un treno svizzero, non riesce neppure a scegliere tra un caffè ed una tazza di tè. Meglio una sauna o una nuotata in piscina? Si, questo era l’unico quesito che potevo risolvere, mentre seduta nel lettone e avvolta nelle lenzuola color beige, reso più intenso dai primi raggi di sole, lo guardavo mentre dormiva. I capelli lisci, non troppo corti e brizzolati sembravano scompigliare il cuscino, le braccia abbronzate incorniciavano quel volto che 5 anni prima mi aveva fatto perdere la testa e ogni pensiero da brava ragazza. Forse non lo ero mai stata una brava ragazza, non mi era mai interessato: meglio essere solo me stessa. Era lui la ragione della mia incapacità momentanea di ragionare. Lui che nel pieno di un progetto importante da consegnare con una sola telefonata era riuscito a farmi lasciare tutto, a preparare la valigia per rifugiarci in questo angolo magico, vicino al Lago di Garda, dove il cellulare, il pc ed i problemi da risolvere sembravano non esistere più. “Tre giorni tutti per noi, dove rilassarci tra massaggi e tuffi in piscina – aveva detto in quella breve telefonata – non puoi dirmi di no”. Potevo, ma non ho mai avuto il coraggio di farlo, in 5 anni non avevo mai avuto il coraggio di farlo. E lui sapeva come estorcere un si, anche convinto... (segue - totale battute: 9962)

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[ 15 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

89) "TANTO VALE DORMIRE A CASA TUA" - "TRAP" | ROMA

Due mesi fa il mio papà ha vinto al superenalotto cinque milioni di euri. Per la contentezza ha subito messo incinta la mamma che però preferiva il visone. Lui s’ha comprato una Ferrari così ci fa rabbia ai suoi amici quando va a ritirare la disoccupazione. A noi figli c’ha regalato la play-station e a lui l’abbonamento al Play-boy, ma la mamma non ci crede che è la stessa cosa. Prima che lei è troppo incinta ha deciso che facciamo una bella vacanza tutti insieme e ha prenotato l’albergo a Rimini. Quello dell’agenzia dei viaggi quasi le prende dal mio papà, che non voleva mica andare nel Hotel perché diceva che è roba per i stranieri ricchi. Quello là ci ha spiegato che Hotel e albergo sono sempre stessi, è solo il nome in inglese, come il fubal e il calcio. Io ho detto che a scuola c’hanno letto la storia di un Hotel che si chiamava Guglielmo ma il signore dell’agenzia ha detto che la colpa non è mia ma di quei lavativi dei maestri. Quando gl’ha detto la cifra da pagare, il mio papà c’ha fatto orcogiuda che sberla! ma la mamma c’ha detto al suo marito che è il mio papà fai mica il crosta tira fuori le palanche che cen’hai una barca. L’ Hotel dove che siamo è di quelli belli con la porta di vetro che gira gira gira ma non puoi correrci dentro perché c'è un uomone vestito come un soldato col paltò che ti corre dietro o davanti, ma non si capisce bene. Dopo un po’ il mio papà mi ha preso per il collo della giacca e mi ha tirato dentro. L’uomone non s’è accorto e continuava a girare girare girare come il criceto di un mio amico. però nella porta a ruoti non c’è il mangime... (segue - totale battute: 11846)

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[ 16 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

90) "ATTORI E SPETTATORI" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Da più di trent’anni sto dietro a questo scuro banco di legno. Ho trascorso la mia vita a veder passare gente di ogni tipo, di ogni colore e razza. Queste cose poco mi sono importate, poco m’importano ora. In ognuna ho cercato vedere al di là dell’apparenza o dell’aspetto fisico puro. C’è chi ha la capacità di leggere al contrario, chi di vedere quella che chiamano aura intorno alle persone, io credo di possedere questa, vedere dentro, nelle zone più profonde delle persone. Ho sempre cercato contatto con quelle che ritenevo migliori. Sono stati gli attori del film della mia vita. Altre che credevo ottime sono state solo comparse, un’apparizione sul palcoscenico poi il nulla. Altre ancora, qualcosa più che comparse hanno lasciato in me una frase, un gesto che allo sfilare dei titoli di coda ricorderò ancora. Quanto a me, ho sempre cercato di essere protagonsita vero della mia vita. Viene da ridere al pensiero di un portiere d’albergo che parla di vita vissuta. Beh, non sempre il movimento è sinonimo di vita... (segue - totale battute: 2366)

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[ 16 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

91) "CASINO'" - SILVANA PONSERO | VILLAR DORA (TO)

"Posso fidarmi di te? Posso fidarmi di te? Posso fidarmi di te?" Ripeti quella domanda, la tua solita domanda, per tre volte di seguito, come De Niro in "Casinò". Ma tu non sei affatto De Niro, con il suo look trasandato-chic. E io non sono certo Sharon Stone, proprio no; sono agli antipodi della bionda fascinosa. Il mio sguardo scorre sulla pareti di questa minuscola stanza d’albergo, la nostra casa per un paio di giorni. Una parentesi di tempo in cui fingere di essere una coppia “normale”. Quella coppia che potremmo essere tutti i giorni. Se solo non ci fosse tua moglie. E la mia instabilità. E la tua passione smisurata per le corse dei cavalli. Sei seduto sul letto. Mi guardi, ti guardo. Questa camera minuscola sta diventando soffocante... (segue - totale battute: 2532)

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[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

92) "DEAD LETTER" - BENEDETTA BERIO | IMPERIA

“Allora è deciso.” In quel momento ero appena entrato nella hall dell'albergo dove il mio destino stava per compiersi,trascinando una valigia logora e pesante come le catene che imprigionavano il mio spirito. Quelle parole,scaturite da due labbra rosse come il sangue,segnarono l'inizio della fine,ma in quel momento non vi prestai attenzione. La donna si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso smagliante. Si avvicinò lentamente e si presentò “Benvenuto, mi chiamo Theresa Mordie. Sono la proprietaria dell'albergo.” Ricambiai il suo salutò e venni invitato a partecipare ad una partita di poker che si sarebbe svolta la sera seguente. Poco dopo entrai nella mia stanza e mi abbandonai al flusso dei ricordi. La luna brillava nel cielo e mi ricordava le lunghe passeggiate sulla spiaggia il mio perduto amore,il suo profumo e la sua risata spensierata,il mio grande amore,le mie labbra bruciavano al ricordo dei suoi baci in quel delirio che mi rubava il sonno. L' avevo conosciuta qualche anno fa,ma non era stato il classico colpo di fulmine:era circondata da una schiera di ammiratori e per convincere quegli occhi da gatta a posarsi su di me avevo dovuto dimostrarle che solo io ero in grado di leggere nella sua anima e soddisfare i suoi desideri. Le lacrime cominciarono a scivolare lungo le mie guance e altrettanto improvvisamente eccolo là vivido nella mia memoria: il ricordo del nostro ultimo bacio. I suoi occhi socchiusi erano fissi su di me, anche se non potevano più vedere, mentre mi chinavo sulle sue labbra,fredde,che avevano cambiato colore come i petali di una rosa appassita e la sua pelle chiara come la luna rendeva più vivido il fiore di sangue che era sbocciato dal suo petto. Assassinata,la donna che amavo con tutto me stesso,nella camera di un altro albergo durante il nostro viaggio di nozze. Ero fuggito con il cuore in gola,temendo di fare la stessa fine e da allora non mi ero più fermato... (segue - totale battute: 6173)

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[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

95) "VACANZE AL GRAND HOTEL" - ALESSIA SCHINARDI | CAGLIARI

Pacchetto in offerta stracciata sul Lago, tanto per cambiare. Cambiare lago, s’intende. Grandhotel? Ja! Come spesso accade, io e Lui siamo d´accordo, anche se per motivi diversi. Detto fatto. Prima che Lui confermi la prenotazione ho già chiuso la valigia …Infatti, le conseguenze non si fanno attendere … Il fatto che il tuo costume da bagno mi faccia da pantaloni da corsa non significa che il mio culo si è allargato, ma che tu sei dimagrito... Vedi caro, se non mi fossi dimenticata la tuta a casa, non l´avresti mai scoperto... La camera è pronta e sono solo le quattordici, col pensiero siamo già in piscina... Ma come? Letti separati... non hai scritto che siamo regolarmente sposati ... Certo che se invece di essere una tranquilla coppia regolare fossimo stati amanti clandestini con questo inconveniente avremo perso ore preziose … La cameriera in divisa arriva subito e sudando con disinvoltura unisce i letti, infila i materassi sotto un lenzuololone….ecco è questo l’esatto concetto che ho del letto matrimoniale... Affacciati sul balconcino virtuale o portafinestra con ringhiera che dir si voglia, Lui mi confessa che la vista sul lago non era in offerta. Abbiamo la vista sulla pasticceria dell´hotel. Se avessero saputo dell’orgasmo suscitato in noi dalla vista e da quegli odori ci avrebbero chiesto un sovrapprezzo... (segue - totale battute: 9099)

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[ 20 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

96) "DUE INSTANCABILI DOTTORESSE..." - DANIELE ARDIGO' | SONCINO (CR)

Quando ero bambino, ero così magro da sembrare un’anguilla e sfruttavo questa caratteristica per entrare in una terra abbandonata che si trovava dietro casa mia. Tale appezzamento disabitato veniva soprannominato “il triangolo isolato” per via della sua forma. Ero così mingherlino che riuscivo ad attraversare le sbarre di un cancello arrugginito ed avevo anticorpi così agguerriti che non contraevo neppure un banale malanno. Me ne stavo tutto il pomeriggio in quella terra incustodita e, quando rincasavo tutto sporco, mio nonno approfittava di questo vizietto per sculacciarmi. Mia nonna, per abitudine, cercava di rabbonirlo, ma alla fine mi regalava anche lei un paio di scapaccioni. Così, tutti i pomeriggi, rimanevo con il corpo sudicio come una patata e con il sedere rosso come un pomodoro! Tuttavia, tornavo sempre in quel posto, per giocare con le lumache e con i gatti, e per tentare nuovi esperimenti sulle lucertole, usando un supermedicinale di mia invenzione: “il Ricrescil”. Come il solito, un pomeriggio sgusciai tra le sbarre del vecchio cancello e mi avventurai alla ricerca di lucertole, a cui tagliare la coda, in modo da testare, poi, gli effetti di ricrescita sulla loro estremità mancante, da parte del mio supermedicinale. Quest’ultimo era composto di aspirina, di antibiotici e di sciroppo per la tosse. Miscelavo il tutto in un barattolo vuoto di fagioli borlotti e, poi, spennellavo un cerotto con questa pozione, applicandolo sul punto dell’amputazione. Infine, registravo, con estremo rigore scientifico, i risultati degli esperimenti su un quadernone e deducevo statistiche incoraggianti per il mio futuro da scienziato. Quello stesso pomeriggio ero impegnato nell’avvistare lucertole per i miei nobili scopi scientifici, quando sentii strani rumori provenire dall’hotel che si trovava vicino a quel fazzoletto di terra... (segue - totale battute: 7915)

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[ 21 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

97) "TRE STELLE EXTRA" - GRAZIA GIRONELLA | FANNA (PN)

Gel contro i reumatismi, merendine, profumo in salsa erotica, e a seguire un telefilm americano alla quarta replica. Valeria spense la tivù, esasperata. Destreggiarsi con lo zapping era diventato un’impresa superiore alle sue forze, come troppe cose, di recente. L’occhio corse alla tavola pronta: insalata di riso e tocai ben freddo; ma Simona dov’era? Aveva detto di volerle parlare del viaggio, anche se ormai era tutto definito nei minimi dettagli, dopo ore e ore trascorse a studiare guide e cartine – un buon modo per approdare alla notte senza affogare nel dopocena. Mancavano due giorni soltanto alla partenza. Il trillo del campanello precedette di pochi istanti l’irruzione di Simona sotto forma di turbine biondo platino. «Tesoro, scusa il ritardo!» Baci, abbraccio. «Non immagini il traffico… Per di più mi è toccato restare in ufficio oltre l’orario con quella rimbambita della ragazza nuova.» Con uno sbuffo sonoro Simona si liberò dalla giacca del tailleur, poi adocchiò la bottiglia di tocai e puntò verso il tavolo, mentre Valeria la osservava con un mezzo sorriso. «Mi dispiace che tu abbia avuto una giornata infernale.» «Che vuoi farci.» Simona si ravviò i capelli specchiandosi sui pensili amaranto. «Tu, tutto bene in redazione?» Valeria si strinse nelle spalle. «Ho una montagna di lettere da leggere e devo rispondere almeno a una decina per essere coperta anche con l’uscita di luglio.» «Pensi di farcela?» «Devo. Ma sono così stanca di sentire racconti tristi di donne tristi! Cosa direbbero le lettrici se sapessero che la mia vita sentimentale è andata in pezzi secondo il copione più banale del mondo? Anni a distribuire consigli, e poi…»... (segue - totale battute: 19638)

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[ 21 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

98) "ATTRAVERSO GLI SPECCHI" - MANOLA TORII | CATANIA

Era finalmente giunto il giorno dell’atomizzazione, come la chiamava lui. Persino la semplice preparazione di una valigetta ventiquattrore e degli abiti che gli sarebbero serviti veniva scrupolosamente portata a termine come se si trattasse di un rituale magico. Selezionò esattamente dieci oggetti che ripose nella valigetta, comprese le chiavi dell’automobile, ed uscì di casa sbattendo la porta. Due giorni di ritiro spirituale, di nebulizzazione, polverizzazione, dispersione atomica nell’universo, prima di tornare ad essere uno. Gli ci vollero diverse ore di guida, ma di sera, nelle autostrade innevate e nebbiose, non c’era un’anima viva, e le note di Everyday di Comando avevano già trasformato l’abitacolo dell’automobile in un bozzolo di cristallo distaccato dal mondo al di là del finestrino. Provò una sensazione di leggerezza alla testa e ai piedi non appena scese dalla vettura e si diresse, valigetta in mano, verso le vetrate illuminate a giorno nonostante l’ora tarda. Varcata la soglia, si rese conto che il calore che provava non era emanato solo dai termosifoni: la luce aranciata, le carte da parati, la moquette e le soffici tende di altre epoche lo avvolgevano in morbidi lembi di gioia, pizzicandogli gli occhi lucidi. La hall dell’hotel era un paradiso per gli occhi, in stile vittoriano, quello che preferiva... (segue - totale battute: 6821)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

99) "UNA VENDETTA IN PIZZO NERO" - FIORELLA BORIN | MILANO

E’ un lusso che mi concedo solo una volta ogni tanto. Anziché bere il caffè in piedi nel primo bar che mi capita, vengo a sedermi qui. Il bar di questo albergo è contiguo alla hall, e mi piace molto osservare il via-vai dei clienti a quest’ora del pomeriggio. Di ciascuno immagino la storia, la provenienza, il motivo per cui ha pernottato qui: lavoro, turismo, svago, un guasto alla macchina, il matrimonio di un amico, il funerale di un parente. Queste fantasticherie, innocenti o maliziose che siano, aggiungono sapore al caffè che sorseggio lentamente, senza mai guardare l’orologio. Non mancano le coppie clandestine, e quelle le riconosco subito. Ne è uscita proprio adesso una dall’ascensore. Lui pare avere il doppio degli anni di lei: le tempie grigie, la fronte segnata da qualche ruga orizzontale, il ventre appesantito da un filo di pinguedine che la giacca dal taglio impeccabile mitiga, ma non cancella. All’anulare sinistro porta la fede. Con la destra regge una minuscola valigia di pelle nera, di cui non è difficile indovinare il contenuto: l’occorrente per una notte sola, trascorsa dormendo poco e faticando assai. La donna avrà non più di venticinque anni; indossa un tailleur da grandi magazzini e, nonostante il trucco, ha il viso stravolto di chi ha appena pianto. Le tremava la mano quando ha messo il rossetto: le labbra mostrano una sbavatura asimmetrica, una virgola all’ingiù che storpia la bellezza dei suoi lineamenti. Me la immagino seduta sulla sponda del letto, appena rivestita dopo l’amore: una macchia scura, curva sullo specchietto, una malinconica silhouette femminile che risalta nel biancore delle lenzuola sgualcite, scalciate, penzolanti sul pavimento. Lei si passa il rossetto sulle labbra e lui, di spalle, nel bagno, dopo avere stretto il nodo alla cravatta, col palmo della mano si spazzola la giacca meticolosamente, per scongiurare il rischio che di lì a breve una sospettosa consorte rinvenga sulla stoffa la più inequivocabile (e ribalda) prova di colpevolezza: un lungo, setoso capello biondo. Sono in silenzio, il silenzio pesante che segue un litigio o l’annuncio di una rottura. Il silenzio bianco di un letto sfatto, di un uomo che già pensa al viaggio che lo attende, al traffico, l’autostrada, la moglie (la moglie!); il silenzio di una donna che si trucca le labbra per mascherare la bocca che ha baciato l’uomo di un’altra, e la punisce stendendo malamente il rossetto... (segue - totale battute: 6247)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

100) "SENZA FRETTA" - MARIA LUCIA FERLISI | CURTATONE (MN)

Tutto è perfetto. Ha scelto Venezia, la città degli innamorati, per festeggiare il nostro primo anniversario. L’albergo si trova in pieno centro, in stile cinquecentesco, affacciato sulla laguna, immerso nella leggera e ovattata foschia, quasi a nascondere il nostro incontro clandestino. La camera ha le pareti ricoperte di tessuto dal color rosa antico, ornata da specchi dorati, mentre il letto ha la testiera orlata da intarsi in oro e delicati intrecci di fiori. Sembra di essere proiettati all’indietro nel tempo. Tu il mio cavaliere, moderno Casanova, ed io affascinante ed enigmatica dama. Se non fosse stato per la vasca idromassaggio nel bagno, avrei potuto credere di essere davvero nel seicento. L’insistente suoneria del cellulare mi riporta alla realtà interrompendo il mio sogno di cavalieri e dame... (segue - totale battute: 5431)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

101) "LA VALIGIA AZZURRA" - LUCA DORE | SASSARI

Credo che la ragazza della reception abbia capito tutto. Per quel poco che posso vedere attraverso le frange marce di questa enorme scatola azzurra dentro la quale vivo da giorni, lei fa cenno di avermi notato. E continua a sorridermi. Ma allora perché, se in qualche modo è già entrata in empatia col mio dolore, continua a sorridere anche ai miei carcerieri? Dovrei cercare di attirare la sua attenzione, ma tutto quello che posso fare è sollevare un piede fra le coperte, un gesto invisibile al di là del bancone, un gesto privo di suoni, un principio di fruscio impercettibile in questa sala gremita di carrelli e vivandieri, campanelli e cucchiai, telefoni e radiogiornali. Lei continua a incensare i miei aguzzini, a chiedere “da dove venite?”, a credere a ogni loro parola. Le fanno vedere dei documenti, falsi come ogni cosa che viene fuori dalle loro tasche. Sono persone contraffatte, sono individui marci. Anche se agli occhi degli altri possono sembrare una romantica coppia in viaggio di piacere. Lui credo abbia trentacinque anni, la sua compagna solo uno o due in meno. Chiedono una mappa della città. La tizia srotola un pieghevole del quale riesco a intuire solo l’intestazione in grassetto, a caratteri distanti: R O M A... (segue - totale battute: 6922)

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[ 26 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

103) "LACRIME SUI CUSCINI" - ARIEL STRANIERO | QUARTU SANT'ELENA (CA)

“Ho messo su 10 chili, caaaazzo.. Però, ora che ci penso, stamattina non ho cacato..”
“Non dire puttanate.. non puoi avere 10 chili di merda.. sarà forse colpa di tutte quelle stronzate indiane che mangi? O dei litri di birra che ti scoli? Ma poi, non sei musulmano cazzo, non dovresti neanche bere..”
“Non sono musulmano, sono indù”
“… ssssì, vabbè.. quello che è.. siete sempre dei fottuti terroristi.. vabbè.. qualche novità in ufficio da quando sono andato via?”
“.. non capisci un cazzo di religioni..coglione… sì, ha chiamato un tipo, ti cercava.. non ho capito da dove cazzo chiamava, non era di qui.. gli ho detto che ti avrebbe trovato domattina, comunque.. “
“hmm, ok..”
Si avviarono verso l’uscita della palestra, diretti all’ascensore. Condivisero il breve viaggio verso la hall con una coppia di turisti orientali, i quali sorrisero amabilmente per tutto il tempo della discesa.
“.. questi giapponesi del cazzo non fanno altro che sorridere.. ma dobbiamo proprio venire nella palestra di un hotel? Una normale, no? Magari potremmo conoscere anche qualche figa e non solo turisti del cazzo ..”
“..lo sai che mi fanno lo sconto qui per quel lavoretto che abbiamo fatto.. e poi, secondo me, questi due cazzoni non sono giapponesi.. e vabbè, tanto sono tutti uguali questi stronzi.. ma almeno loro usano quelle bacchette del cazzo per mangiare, tu usi le mani..”
Uscirono dalla hall, condividendo il breve tratto di strada verso la stazione della metropolitana... (segue - totale battute: 8010)

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[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

104) "LO SPIRITO DEI FIORI" - IMMACOLATA ALFANO | ANGRI (SA)

In un piccolo paese, posto nella Calabria, viveva una ragazzina di 13 anni di nome Noelia, era una ragazzina sempre allegra, piena di vita, adorava il suo paese e soprattutto la sua casa che si affacciava a mare, ogni mattina prima di scendere per la scuola faceva sempre un gran sospiro per poter sentire l odore della salsedine che amava tanto, per lei il mare era l unica cosa che la rendeva felice. Andò a scuola e come ogni mattina seguiva le lezioni quando ad un tratto entro il professore di musica che fece un annuncio: ragazzi abbiamo deciso dove andremo in gita, andremo a passare una settimana in valle d’ Aosta e saremo ospito in un simpatico hotel golden book hotels il nome è Auberge de la Maison. Prendete i moduli e fateli firmare dai vostri genitori. Tutti erano felici tranne Noelia, non si era mai allontanata da casa e soprattutto non era mai andata in un luogo di montagna lontano dal suo mare, ma ci sarebbe andata perché voleva andare in gita dai suoi amici. Tornata a casa la madre firmo subito, pensava che sua figlia doveva fare nuove esperienze e vedere nuovi luoghi. Arrivò il giorno della partenza, la valigia era pronta, erano tutti davanti al pulman, Noelia salutò i suoi genitori e sali con i suoi amici sull’ autobus, il viaggio fu divertente, i ragazzi cantarono, giocarono e scherzarono, quando ad un tratto Noelia vide una grande vallata, con un prato verdissimo che non aveva mai visto in vita sua, e in lontananza vide l’ hotel... (segue - totale battute: 10814)

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[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

106) "ALFREDO" - STEFANO PINTO | AMBIVERE (BG)

Da circa un’ora aveva varcato la soglia della camera numero 316 assegnatagli dal direttore dell’albergo dottor Garzelli. Alfredo Novini posò a terra la borsa con i cambi di scena, la valigia contenente il necessario per la sua esibizione (una pianola, un pc portatile e un microfono) e iniziò a curiosare. Se qualcuno fosse entrato in quel momento nella camera l’avrebbe potuto scambiare per un poliziotto intento in una perquisizione. Da anni non passava una notte fuori casa e da molti di più in albergo, dal viaggio di nozze con sua moglie Claudia. Gli piaceva la sensazione di sapere che, da quella stessa camera in cui ora era ospite, erano transitate centinaia di persone ognuna con la propria storia, bella o triste che sia stata. Alfredo cercava in ogni angolo, in ogni cassetto un oggetto che potesse ricondurlo a quelle vite ma non trovando nulla, all’infuori di alcuni depliant dell’hotel, si distese sul letto. Accese la televisione e si rilassò. Stupendo. Alfredo Novini non riusciva a trovare altro aggettivo per descrivere il suo stato di grazia. L’albergo ed il suo direttore che lo avevano voluto per suonare quella sera erano di gran lunga migliori di quello che si era immaginato, la stanza assegnatagli avrebbe tolto il fiato a qualsiasi suo conoscente ma la sensazione che più delle altre lo rendeva soddisfatto era quella di sentirsi desiderato. Era la prima volta che usciva dalla provincia di Bergamo per cantare. Sembrava ieri quando, al termine di uno dei tanti matrimoni in cui esibiva la sua modesta arte, un uomo sulla sessantina lo aveva avvicinato invitandolo ad esibirsi in un hotel della Liguria. Lì per lì Alfredo Novini pensò ad una proposta dettata più dal vino che dalla reale ammirazione per la sua musica ed invece eccolo non più tardi di un mese dopo a rimirare il Mar Ligure dalla terrazza di un hotel a pensione completa completamente a carico della direzione... (segue - totale battute: 18098)

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[ 28 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

107) "IL LIMBO" - GIUSEPPE ACCIARO | BOLOGNA

Armando compose un numero di telefono, ma dal display del cellulare capì subito di aver sbagliato. Si mise una mano tra i capelli, riprese fiato e articolò meglio i movimenti della mano. Stavolta il numero era esatto. “Giovanni, ci sono novità?”, “No, Armando, stamattina tutto tace”, rispose una voce stanca e impastata. “Chissà quando verranno a prelevare dal magazzino…Senti, prova a richiamare la signora Angela per vedere se sono pronte le chiavi di quel piccolo appartamento del quale mi aveva accennato…Giovanni, mi stai ascoltando?”.. “Sì, sono qui. Ho parlato con lei ieri sera, e purtroppo mi ha detto che ci sono dei problemi col vecchio inquilino, che non vuole andarsene e sostiene che c’è una clausola a suo favore nel contratto”. “Insomma, i tempi si allungano, e se non riesco a piazzare la merce in tempo utile, io…no, non voglio nemmeno pensarci”. “Mi dispiace tantissimo, per tutti e due. Non siamo stati fortunati negli affari, Armando”. “Le nostre situazioni sono molto diverse…tu hai una casa di tuo proprietà, e inoltre hai iniziato da poco un’altra attività che sembra stia rendendo bene, mentre io sono pieno di debiti, ho centinaia di capi di abbigliamento che devo smerciare in blocco, ma soprattutto non ho una casa”. Giovanni rimase in silenzio per alcuni secondi. “Ho qualche soldo da parte, vedrò di darti una mano”. Il tono blando della voce di Giovanni non convinceva Armando, che sapeva benissimo come il suo collaboratore fosse un tipo tutt’altro che generoso. “Ti ringrazio per le buone intenzioni, ma… scusa Giovanni, ma devo interrompere la telefonata, sento dei passi vicino alla stanza”. Armando riattaccò e appoggiò l’orecchio vicino alla porta color grigio azzurro. Data l’ora pensò che dovesse essere una delle addette alle pulizie... (segue - totale battute: 6558)

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[ 28 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

110) "CADAVERI A NATALE" - GIANLUCA ASCIONE | TREVISO

Il commissario Calandrei odiava le chiamate notturne. Se poi la chiamata giungeva la notte della vigilia di Natale e annunciava il rinvenimento di due cadaveri, l'astio nei confronti della sorte beffarda, che si prendeva gioco di lui tenendolo sveglio ogni volta che affrontava il turno di notte, cresceva in maniera esponenziale. Quei ripetuti sovraccarichi di lavoro gli erano già costati nevrotici disturbi del sonno e una moglie. Una separazione rapida ma per nulla indolore; un'equazione dal risultato pressoché scontato: assenze prolungate da casa + apatia cronica per debiti da riposo = richiesta di divorzio. Quando era giunto al Leon d'Oro, permeando la nebbia bassa e compatta con la volante guidata dall'agente Ferretti, aveva trovato l'intera comunità dell'albergo riunita nella hall così come aveva richiesto. Un tizio basso, equipaggiato con un ventre prominente e un'incipiente calvizie che ne aveva depauperato quasi l'intero cranio ad eccezione dei lobi laterali e della nuca, gli si fece incontro. "Il signor Sorrentino?" "Sì." "Calandrei" disse seccamente, aprendo il tesserino di pelle su cui spiccava il distintivo della polizia. Il signor Sorrentino, direttore del Leon d'Oro, aveva eseguito la telefonata in Questura. Un'odiosa chiamata notturna. "Ho radunato tutti i dipendenti e gli ospiti dell'albergo come mi aveva detto lei." "Bene" asserì mentre osservava le dieci persone accomodate sui divanetti "ora mi mostri i corpi." "Da questa parte" indicò ossequiosamente con il braccio teso, come se stesse accompagnando un cliente di prestigio nella sala delle conferenze. "Ferretti, tieni d'occhio questa ciurmaglia." Secco e sfrontato. Perfettamente nel suo stile... (segue - totale battute: 13836)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

114) "LA CHIAVE" - CATERINA FALOMO | ROMA

Domani. Domani sarà il gran giorno. Grande per le autorità, per il sindaco, per il Presidente della Provincia e quello della Regione. Un grande giorno che passerà alla storia e aprirà le porte al futuro. La conferenza stampa è stata tenuta questa mattina, qui nella hall. I giornalisti non hanno chiesto nulla circa il passato, solo banali domande circa il futuro… la strada che passerà di qui porterà reali benefici alla popolazione? … a quanto ammontano i costi? … quanto tempo si risparmierà per arrivare a T.? quando dovrebbero finire i lavori? E basta, tutto qui. Risposte autorevoli, risposte banali, risposte di parte, risposte piene di fiducia e di futuro. Il sindaco, andandosene, mi ha rivolto uno sguardo che diceva senza dirlo… “questo è il futuro…” Sono le cinque e un quarto del pomeriggio. Sono stato autorizzato a tenere la chiave del mio albergo fino a domani mattina alle 8, quando le ruspe arriveranno a buttare giù l’edificio. Ho 85 anni suonati, mi chiamo G. B. e il mio albergo è stato inaugurato nel 1880 dal mio bisnonno. Mio nonno è subentrato al bisnonno, mio padre a mio nonno e io a mio padre. Durante la guerra se la sono passata male, ma già nel 1950 abbiamo visto tornare vecchi clienti, ognuno con le proprie storie da raccontare e con la nostalgia dei tempi che precedettero la guerra... (segue - totale battute: 9623)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

116) "STANZA 37" - PAOLA D'AGARO | PORDENONE

Si sforzava di ricordare quando tutto era cominciato. Ma, per quanti sforzi facesse, non le riusciva di individuare non già il momento, ma neppure il giorno, in cui aveva avvertito i primi sintomi. Eppure ci doveva essere stato qualcosa, un episodio, una circostanza, un oggetto, un segnale qualsiasi che aveva innescato il meccanismo infernale che ora tormentava i suoi sonni, squilibrava le sue veglie e la spingeva sempre più al largo in una deriva senza fine. C’era un’immagine che le era rimasta impressa, anche se non avrebbe saputo collocarla perfettamente nel tempo. Era quella di un paio di jeans, ingrigiti dall’uso, negligentemente abbandonati sullo schienale della sedia, tanto che una gamba andava a sfiorare il pavimento mentre l’altra ricadeva sul sedile imbottito. L’impressione che ne ricavò fu che fossero gambe incredibilmente lunghe. Li aveva scossi e ripiegati con cura – come faceva sempre, peraltro, – e nello scuoterli era stata investita da una vampata inattesa, un odore che mescolava assieme erba bagnata e vagoni ferroviari, alcool e sudore, fumo e alcove. Era infallibile con gli odori. Fin da piccola riusciva a stupire tutti per la sua abilità nel riconoscere fragranze e afrori più diversi. Forse era per questo motivo che aveva scelto di studiare da perito chimico ed era finita a fare analisi degli alimenti per una ditta di Durazzo. Non era lo stipendio da fame a pesarle di più. Era la consapevolezza di non contare, di non valere, la prospettiva di una vita intera da vivere all’ombra di uomini a loro volta poco più che ombre: padri, fratelli, mariti, capi: padroni il cui unico potere si esauriva nel dominio assoluto sulle proprie mogli, figlie, sorelle, dipendenti ... (segue - totale battute: 11952)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

117) "L'ULTIMO INTERRUTTORE" - VITTORIO RAINONE | BARI

E' la terza sera che ritorno qui. Infilo la scheda, traffico fino a sentire il sibilo e lo scatto. Entro, io e la mia giacca elegante, tutta grinze in fondo alla schiena. Me le immagino, le righe bianche del gessato che si imbizzarriscono verso i reni, fino all'impossibile intersezione di parallele. Sono le dieci. E’ il mio primo mese di lavoro in questa città. La finestra è schermata da una tenda pesante che scende a fiori, distorti dalle volute di stoffa. Lambisce la moquette e striscia di lato, sembra volermi nascondere da tutto ciò che aspetta lì fuori. L'unica luce è quella dell'abat-jour che ho lasciato acceso accanto al letto, dopo aver annullato i faretti automatici che si attivano quando riesci a scassinare la porta. Le mie scarpe lucide marcano i passi verso la valigia. L'ho lasciata per terra e qualche donna delle pulizie in camice lilla deve aver pensato di farmi notare la presenza dello sgabello porta bagagli. Un tempo odiavo quando lo facevano: adesso le loro mani estranee che si arrogano il diritto di insegnarmi il loro concetto di ordine sono diventate innocui elementi di arredamento... (segue - totale battute: 8961)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

118) "CAMERA CON SVISTA" - TOMMASO CHIMENTI | SESTO FIORENTINO (FI)

Facevo molta attenzione. Sono sempre stata discreta. Poggiavo l’orecchio sulla porta. Mi piaceva il fresco del noce. Liscio, levigato, mi ricordava l’albero dove era attaccata l’amaca in giardino nella casa di quando ero piccola. Mettevo la faccia di lato. Sentivo il freddo sugli zigomi accaldati. Chiudevo gli occhi e mi immaginavo la scena all’interno. La stanza disfatta. Sul tavolino un quaderno aperto, una penna con la punta aperta al centro delle pagine. Lui in piedi con i calzini blu scuro, la camicia abbottonata intento a farsi il nodo alla cravatta. Così, trovarmelo così, in piedi, nel centro della stanza. Ancora senza pantaloni che quelli se li sarebbe messi soltanto dopo la cravatta. Sarebbe stato un rito. Ed io lo avrei scortato in quel lento vestirsi ogni mattina da sotto le coperte, da dietro il piumone. Se non sentivo alcun rumore provenire da dentro la stanza, infilavo con decisione la scheda nella toppa microscopica. Il pass partout faceva scattare la serratura. Mi sembrava di essere nel caveau di una grande banca. Aprivo piano la porta e me la richiudevo alle spalle. C’era un lungo tappeto persiano, una guida colorata che passava davanti al bagno, che si apriva sulla sinistra, e che poi conduceva fino alla camera da letto aperta. Il grande letto con il piumone appena scostato. Per prima cosa spalancavo sempre la finestra. Facevo entrare il vento che arriva dalle montagne. Era la sua stanza quella. La rifacevo sempre per prima, la sua stanza. Ne volevo sentire il profumo, l’odore quando si era alzato da poco. La schiuma da barba e il deodorante spruzzato nel bagno. Sandalo, avevo ipotizzato. Andavo al tavolo per vedere se c’era un biglietto per me. La penna era al suo posto, i fogli impilati e bianchi dentro la copertina di pelle nera. Aprivo speranzosa e subito richiudevo delusa. Niente, neanche per oggi. Mi dicevo, senza darmi per vinta... (segue - totale battute: 11377)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

119) "EMOZIONI DI UN VIAGGIO" - BARBARA SCALCO | CASSOLA (VI)

Arrivata alla stazione degli autobus, erano già tutti là, valigia in mano… pronti per partire, a parte Patty, di quei ragazzi ne conoscevo meno della metà, anzi... forse proprio nessuno. Uscii impacciata dall’auto assieme alle classiche raccomandazioni di mia madre ancora al volante… la implorai di parlare sottovoce nella speranza di non farmi distinguere sin dall’inizio. Evitando curiosi sguardi, mi diressi verso il bagagliaio della macchina e afferrai la valigia… - Dio come pesava…- proprio in quel momento fui assalita da Patty che allegramente mi chiese se avevo bisogno di una mano, nonostante lo spavento iniziale, ero felice di vedere una faccia conosciuta. Scusandomi per il ritardo accolsi al volo la sua proposta pregandola di caricare la mia valigia nel pullman e sorrisi vedendola faticare una volta tanto. Nel frattempo la mamma raccolse lo zaino dal sedile posteriore e me lo porse assieme alle ripetitive e noiose indicazioni per il viaggio e, datole l’ultimo abbraccio, corsi in direzione di Patty che mi aspettava impaziente fra le ragazze occupate da infernali pettegolezzi. Salite le scalette del bus mi avviai timorosa lungo il corridoio alla disperata ricerca di due posti liberi, li raggiunsi tra gli sguardi incuriositi dei molti ragazzi sconosciuti e mi sedetti accanto al finestrino. Poggiando lo zaino sopra le ginocchia alzai lo sguardo in cerca di Patty… la vidi ferma a chiacchierare con due ragazze, “intasava il traffico” ma non pareva accorgersene, oppure semplicemente non le importava… più probabile. L’improvvisa voce di un uomo al microfono mi distolse dai pensieri, l’osservai mentre ci informava sui dettagli del viaggio… la nostra guida, sulla quarantina, alto e talmente magro che sorridendo gli si infossavano le guance al punto da vedere le ossa sporgere. Il motore si accese e mentre il pullman iniziava una retromarcia, Patty finalmente mi raggiunse e si sedette accanto a me... (segue - totale battute: 18805)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

120) "L'HOTEL DELLA CALLA BIANCA" - SOFIA RAGLIO & ISABELLA POZZETTI | CREMONA

Il sole splendeva già alto nel cielo quando Anthony Coulders si svegliò. Un bel tipo indubbiamente, un po’ vecchio ma con fascino. Molto muscoloso. Accanto a lui nella lussuosissima camera dell’hotel Belvedere sedeva la moglie Elisa Modou, nella sua deliziosa sottoveste di pizzo, i lunghi capelli neri e l’aristocratico accento francese. Avevano lui 50 anni e lei 48, sposati da 30. All’apparenza una coppia fedelissima, ma ognuno aveva i propri segreti. “Bonjour, Anthony. Splendida la mattinata. Chiedo la colazione?” “ Sì cara. Sono molto affamato this morning!” Elisa suona il campanellino ordinando una colazione american style per entrambi. “Sì, señorita, arrivano subito. Camera 728?” rispose cortesemente Barbara Moreno, 32 anni. Era graziosa con il grembiule bianchissimo e la crestina. I capelli ricci erano raccolti ordinatamente in uno chininon. “Uffa, a che ora si svegliano ‘sti ricconi?!” si lamentò la cameriera, la quale portava colazioni nelle camere dalle sei di mattina. “C’è da impazzire quando affittano le camere per i tre mesi estivi!” rispose esasperata Olga Scebarnenco. Lei era più vecchia della collega di due anni ma il suo biondo fascino russo superava di gran lunga quello argentino dell’amica. Squillò di nuovo il telefono... (segue - totale battute: 19837)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

121) "OMBRE NELLA NOTTE" - DONATELLA FRANCESCHI | ROMA

Un taxi si fermò ai margini del marciapiede con una manovra azzardata e repentina. Subito ne usci un’ombra scura come rincorsa dalle urla irritate e rabbiose dell’uomo alla guida. Una sgommata rumorosa e acida. La sagoma venne brevemente illuminata dalla luce accecante dei fari. Poi più nulla. La pioggia continuava a cadere battente. L’oscurità era molle in quell’angolo di strada. La luce elettrica inesistente. Solo le luci al neon di piccoli negozi ingombri. Luci mortalmente pallide e fredde. Il via vai di veicoli era pressante e vizioso. La sagoma invece restava perfettamente immobile come una foglia recisa dal ramo. L’ora era tarda, notturna. Il silenzio degli abitanti di quegli squallidi caseggiati rendeva evidente l’isolamento di quel cencio di vita abbandonato sul marciapiede. Alcune macchine rallentavano per guardare meglio, forse alla ricerca di una compagnia estemporanea e facile. Qualcuno si era addirittura fermato, per riprendere immediatamente a marciare dopo aver esaminato da vicino la merce in vendita. Qualche colpo di clacson si perdeva nella notte. D’un balzo, come se uno di tali colpi l’avesse ferita, quella marionetta si risvegliò cominciando ad agitarsi e a ondeggiare come ubriaca. Era molle, priva di sostanza, mulinava nel vento... (segue - totale battute: 10759)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

122) "KEYSER SOZE" - LUCA CALVARESI | RIPATRANSONE (AP)

La porta si aprì da sola, spaventando Stefania. La luce del tramonto di quella fredda sera d’inverno accompagnò la donna all’interno dell’hotel. L’ingresso era piacevole, illuminato da flebili luci che lasciavano affiorare i colori rossastri dell’arredamento. Davanti a lei un uomo piuttosto buffo la aspettava sorridendo. «Buonasera» le disse con voce calma. «Buonasera» rispose Stefania, ricambiando il sorriso. «Non ho prenotato, ma potrei avere una camera per questa notte? Se avete una stanza libera forse resto qualche giorno...» disse, avendo il presentimento che una stanza per lei ci fosse sicuramente. L’uomo gettò un’occhiata ironica al mobiletto delle chiavi, che come al solito era pieno di polvere e di chiavi poco utilizzate: se c’era una cosa che non mancava in quell’albergo erano le stanze libere. «Non c’è problema. Può restare a lungo, finché vuole, se il nostro hotel le piacerà.» Stefania acconsentì con il capo, tirò fuori dalla borsetta il suo documento di identità e lo porse all’uomo della reception. «Bene» disse l’uomo. Compilò il registro e le restituì il documento, sorridendo di nuovo e buttando un occhio alla scollatura di Stefania e un altro alla partita trasmessa dalla televisione: «Grazie, ecco a lei. Stanza numero dieci. Salga le scale,» disse indicando con la mano il corridoio alla sua sinistra «poi la prima porta a sinistra.» La donna ringraziò e si diresse con le due pesanti valigie verso la camera, delusa perché l’uomo della reception non le aveva offerto il proprio aiuto con il bagaglio. Scortese, pensò... (segue - totale battute: 14043)

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[ 01 dicembre, 2009 ] • [ eureka ]

123) "PICCOLE NOTRE D'AMORE" - MARIA ELISABETTA VUILLERMOZ | QUART (AO)

Non ho dormito questa notte. Stai partendo di nuovo. Se da un lato questo Tuo modo d’essere m’inorgoglisce, dall’altro vorrei frenare il Tuo fuggi, fuggi verso mete ignote. Volevi un lavoro che Ti permettesse di viaggiare per poter scoprire, del mondo, tutte le sfaccettature e l’hai appena ottenuto. Il bagaglio culturale che Ti porti addosso, nei Tuoi splendidi venticinque anni, ha un notevole peso: laurea specialistica in economia, master in international management del Cems (classificato numero 1 al mondo - nel 2009 - dal Financial Times), due anni di lavoro, perfetta conoscenza dell’inglese e del francese e, cosa da non sottovalutare, grinta da vendere. Inganna il Tuo viso angelico, per certi versi da bambina, non rilevando, nell’immediato quanto sia radicata in Te la tenacia. Quante volte Ti ho ascoltato a bocca aperta, mentre esponevi minuziosamente il contenuto dei Tuoi sogni… Ho vissuto per Te, vivo per Te, più che per me ed un poco T’invidio, perché io mi sono fermata prima, molto prima di raggiungere un vero e proprio traguardo ed ogni volta che perdevo a pezzi, i miei sogni, afferravo i Tuoi. E’ così che sono diventati anche miei. Adesso Ti guardo da lontano entrare nel castello, senza più bussare, mia Principessa e correre, correre come un cerbiatto, fino in cima alle scale… quelle del successo. E’ stata da sempre la moda, il Tuo chiodo fisso... (segue - totale battute: 12318)

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[ 01 dicembre, 2009 ] • [ eureka ]

124) "L'ODORE INTENSO DELLE ROSE" - SILVIA FAVARETTO | MARCON (VE)

Ci affacciamo al ricordo come ad un paesaggio. Nizza si staglia vivida nel presente come il ricordo più dolce. La bellezza a volte duole, più di un'ulcera e ai nostri occhi la realtà brucia, come l'acqua salata del mare. A Nizza il tempo ti insulta, come se fossi retrogrado, come se non fossi all'altezza. Dobbiamo arrenderci di fronte ai suoi colori, imparare a respirare tra le sue trame. Il nostro passato è un luogo che ci abita,e perdersi nei suoi vicoli è fin troppo facile. Un albergatore francese lo sapeva bene. Il signor Sauvages se lo chiedeva da quando aveva aperto l’hotel: qualcosa, nella stanza 24 non andava. L’albergo aveva appena due mesi, gli infissi erano ancora scintillanti, non ancora ossidati dalla salsedine, l’intonaco dei corridoi candido e il legno delle porte non dava segni dell’opacità che lo avrebbe scalfito dopo qualche estate. La stagione stava andando bene se non fosse stato per quegli strani casi. Erano cominciati il giorno dell’inaugurazione: una quarantina tra coppie e single avevano firmato le schede di registrazione all’ingresso e si erano accomodate nella propria stanza, con il pesante portachiavi in mano. Tutte le stanze erano occupate, fino all’ultima, la 32. Erano coppie che passavano le vacanze e anche qualche cliente solo, come appunto l’ospite a cui era toccata la stanza 24. Era un uomo di sessant’anni circa, elegante, con la ventiquattrore, e aveva pernottato inizialmente per tre giorni, il classico week-end, e poi invece aveva prolungato il suo soggiorno pagando in anticipo per 15 giorni. Per tutta la durata della sua permanenza nessuno del personale lo vide, non permetteva nemmeno alle cameriere di rifare la stanza o cambiare gli asciugamani. Del misterioso signore non si vedeva traccia nemmeno nella zona colazione: chiamava dalla stanza e si faceva portare capuccino e brioches in camera... (segue - totale battute: 8070)

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[ 14 dicembre, 2009 ] • [ eureka ]