121) "OMBRE NELLA NOTTE" - DONATELLA FRANCESCHI | ROMA

Un taxi si fermò ai margini del marciapiede con una manovra azzardata e repentina. Subito ne usci un’ombra scura come rincorsa dalle urla irritate e rabbiose dell’uomo alla guida. Una sgommata rumorosa e acida. La sagoma venne brevemente illuminata dalla luce accecante dei fari. Poi più nulla. La pioggia continuava a cadere battente. L’oscurità era molle in quell’angolo di strada. La luce elettrica inesistente. Solo le luci al neon di piccoli negozi ingombri. Luci mortalmente pallide e fredde. Il via vai di veicoli era pressante e vizioso. La sagoma invece restava perfettamente immobile come una foglia recisa dal ramo. L’ora era tarda, notturna. Il silenzio degli abitanti di quegli squallidi caseggiati rendeva evidente l’isolamento di quel cencio di vita abbandonato sul marciapiede. Alcune macchine rallentavano per guardare meglio, forse alla ricerca di una compagnia estemporanea e facile. Qualcuno si era addirittura fermato, per riprendere immediatamente a marciare dopo aver esaminato da vicino la merce in vendita. Qualche colpo di clacson si perdeva nella notte. D’un balzo, come se uno di tali colpi l’avesse ferita, quella marionetta si risvegliò cominciando ad agitarsi e a ondeggiare come ubriaca. Era molle, priva di sostanza, mulinava nel vento... (segue - totale battute: 10759)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

120) "L'HOTEL DELLA CALLA BIANCA" - SOFIA RAGLIO & ISABELLA POZZETTI | CREMONA

Il sole splendeva già alto nel cielo quando Anthony Coulders si svegliò. Un bel tipo indubbiamente, un po’ vecchio ma con fascino. Molto muscoloso. Accanto a lui nella lussuosissima camera dell’hotel Belvedere sedeva la moglie Elisa Modou, nella sua deliziosa sottoveste di pizzo, i lunghi capelli neri e l’aristocratico accento francese. Avevano lui 50 anni e lei 48, sposati da 30. All’apparenza una coppia fedelissima, ma ognuno aveva i propri segreti. “Bonjour, Anthony. Splendida la mattinata. Chiedo la colazione?” “ Sì cara. Sono molto affamato this morning!” Elisa suona il campanellino ordinando una colazione american style per entrambi. “Sì, señorita, arrivano subito. Camera 728?” rispose cortesemente Barbara Moreno, 32 anni. Era graziosa con il grembiule bianchissimo e la crestina. I capelli ricci erano raccolti ordinatamente in uno chininon. “Uffa, a che ora si svegliano ‘sti ricconi?!” si lamentò la cameriera, la quale portava colazioni nelle camere dalle sei di mattina. “C’è da impazzire quando affittano le camere per i tre mesi estivi!” rispose esasperata Olga Scebarnenco. Lei era più vecchia della collega di due anni ma il suo biondo fascino russo superava di gran lunga quello argentino dell’amica. Squillò di nuovo il telefono... (segue - totale battute: 19837)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

119) "EMOZIONI DI UN VIAGGIO" - BARBARA SCALCO | CASSOLA (VI)

Arrivata alla stazione degli autobus, erano già tutti là, valigia in mano… pronti per partire, a parte Patty, di quei ragazzi ne conoscevo meno della metà, anzi... forse proprio nessuno. Uscii impacciata dall’auto assieme alle classiche raccomandazioni di mia madre ancora al volante… la implorai di parlare sottovoce nella speranza di non farmi distinguere sin dall’inizio. Evitando curiosi sguardi, mi diressi verso il bagagliaio della macchina e afferrai la valigia… - Dio come pesava…- proprio in quel momento fui assalita da Patty che allegramente mi chiese se avevo bisogno di una mano, nonostante lo spavento iniziale, ero felice di vedere una faccia conosciuta. Scusandomi per il ritardo accolsi al volo la sua proposta pregandola di caricare la mia valigia nel pullman e sorrisi vedendola faticare una volta tanto. Nel frattempo la mamma raccolse lo zaino dal sedile posteriore e me lo porse assieme alle ripetitive e noiose indicazioni per il viaggio e, datole l’ultimo abbraccio, corsi in direzione di Patty che mi aspettava impaziente fra le ragazze occupate da infernali pettegolezzi. Salite le scalette del bus mi avviai timorosa lungo il corridoio alla disperata ricerca di due posti liberi, li raggiunsi tra gli sguardi incuriositi dei molti ragazzi sconosciuti e mi sedetti accanto al finestrino. Poggiando lo zaino sopra le ginocchia alzai lo sguardo in cerca di Patty… la vidi ferma a chiacchierare con due ragazze, “intasava il traffico” ma non pareva accorgersene, oppure semplicemente non le importava… più probabile. L’improvvisa voce di un uomo al microfono mi distolse dai pensieri, l’osservai mentre ci informava sui dettagli del viaggio… la nostra guida, sulla quarantina, alto e talmente magro che sorridendo gli si infossavano le guance al punto da vedere le ossa sporgere. Il motore si accese e mentre il pullman iniziava una retromarcia, Patty finalmente mi raggiunse e si sedette accanto a me... (segue - totale battute: 18805)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

118) "CAMERA CON SVISTA" - TOMMASO CHIMENTI | SESTO FIORENTINO (FI)

Facevo molta attenzione. Sono sempre stata discreta. Poggiavo l’orecchio sulla porta. Mi piaceva il fresco del noce. Liscio, levigato, mi ricordava l’albero dove era attaccata l’amaca in giardino nella casa di quando ero piccola. Mettevo la faccia di lato. Sentivo il freddo sugli zigomi accaldati. Chiudevo gli occhi e mi immaginavo la scena all’interno. La stanza disfatta. Sul tavolino un quaderno aperto, una penna con la punta aperta al centro delle pagine. Lui in piedi con i calzini blu scuro, la camicia abbottonata intento a farsi il nodo alla cravatta. Così, trovarmelo così, in piedi, nel centro della stanza. Ancora senza pantaloni che quelli se li sarebbe messi soltanto dopo la cravatta. Sarebbe stato un rito. Ed io lo avrei scortato in quel lento vestirsi ogni mattina da sotto le coperte, da dietro il piumone. Se non sentivo alcun rumore provenire da dentro la stanza, infilavo con decisione la scheda nella toppa microscopica. Il pass partout faceva scattare la serratura. Mi sembrava di essere nel caveau di una grande banca. Aprivo piano la porta e me la richiudevo alle spalle. C’era un lungo tappeto persiano, una guida colorata che passava davanti al bagno, che si apriva sulla sinistra, e che poi conduceva fino alla camera da letto aperta. Il grande letto con il piumone appena scostato. Per prima cosa spalancavo sempre la finestra. Facevo entrare il vento che arriva dalle montagne. Era la sua stanza quella. La rifacevo sempre per prima, la sua stanza. Ne volevo sentire il profumo, l’odore quando si era alzato da poco. La schiuma da barba e il deodorante spruzzato nel bagno. Sandalo, avevo ipotizzato. Andavo al tavolo per vedere se c’era un biglietto per me. La penna era al suo posto, i fogli impilati e bianchi dentro la copertina di pelle nera. Aprivo speranzosa e subito richiudevo delusa. Niente, neanche per oggi. Mi dicevo, senza darmi per vinta... (segue - totale battute: 11377)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

117) "L'ULTIMO INTERRUTTORE" - VITTORIO RAINONE | BARI

E' la terza sera che ritorno qui. Infilo la scheda, traffico fino a sentire il sibilo e lo scatto. Entro, io e la mia giacca elegante, tutta grinze in fondo alla schiena. Me le immagino, le righe bianche del gessato che si imbizzarriscono verso i reni, fino all'impossibile intersezione di parallele. Sono le dieci. E’ il mio primo mese di lavoro in questa città. La finestra è schermata da una tenda pesante che scende a fiori, distorti dalle volute di stoffa. Lambisce la moquette e striscia di lato, sembra volermi nascondere da tutto ciò che aspetta lì fuori. L'unica luce è quella dell'abat-jour che ho lasciato acceso accanto al letto, dopo aver annullato i faretti automatici che si attivano quando riesci a scassinare la porta. Le mie scarpe lucide marcano i passi verso la valigia. L'ho lasciata per terra e qualche donna delle pulizie in camice lilla deve aver pensato di farmi notare la presenza dello sgabello porta bagagli. Un tempo odiavo quando lo facevano: adesso le loro mani estranee che si arrogano il diritto di insegnarmi il loro concetto di ordine sono diventate innocui elementi di arredamento... (segue - totale battute: 8961)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

116) "STANZA 37" - PAOLA D'AGARO | PORDENONE

Si sforzava di ricordare quando tutto era cominciato. Ma, per quanti sforzi facesse, non le riusciva di individuare non già il momento, ma neppure il giorno, in cui aveva avvertito i primi sintomi. Eppure ci doveva essere stato qualcosa, un episodio, una circostanza, un oggetto, un segnale qualsiasi che aveva innescato il meccanismo infernale che ora tormentava i suoi sonni, squilibrava le sue veglie e la spingeva sempre più al largo in una deriva senza fine. C’era un’immagine che le era rimasta impressa, anche se non avrebbe saputo collocarla perfettamente nel tempo. Era quella di un paio di jeans, ingrigiti dall’uso, negligentemente abbandonati sullo schienale della sedia, tanto che una gamba andava a sfiorare il pavimento mentre l’altra ricadeva sul sedile imbottito. L’impressione che ne ricavò fu che fossero gambe incredibilmente lunghe. Li aveva scossi e ripiegati con cura – come faceva sempre, peraltro, – e nello scuoterli era stata investita da una vampata inattesa, un odore che mescolava assieme erba bagnata e vagoni ferroviari, alcool e sudore, fumo e alcove. Era infallibile con gli odori. Fin da piccola riusciva a stupire tutti per la sua abilità nel riconoscere fragranze e afrori più diversi. Forse era per questo motivo che aveva scelto di studiare da perito chimico ed era finita a fare analisi degli alimenti per una ditta di Durazzo. Non era lo stipendio da fame a pesarle di più. Era la consapevolezza di non contare, di non valere, la prospettiva di una vita intera da vivere all’ombra di uomini a loro volta poco più che ombre: padri, fratelli, mariti, capi: padroni il cui unico potere si esauriva nel dominio assoluto sulle proprie mogli, figlie, sorelle, dipendenti ... (segue - totale battute: 11952)

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[ 30 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

115) "ASPETTANDO CHE IL CELLULARE SQUILLI" - BRUNA FRANCESCHINI | BRESCIA

La camera in disordine, gioiosa spia della furia d’amore: quando si spoglia, infatti, getta alla rinfusa i suoi abiti sul parquet, sulla poltrona, sul tappeto. Fa così per la fretta, per non non sottrarre preziosi minuti a quelle che lui chiama torride copule, dare immediato sfogo al desiderio incontrollabile, al gonfiore dell’appetito aggrappato al suo corpo come se non avesse vita propria, gambe per allontanarsene. Dei fogli, usciti dalla tasca della giacca, attirano l’attenzione di Azzurra, che si china a raccoglierli. L’occhio le cade sulla stampata di un elenco di alberghi, uno dei quali, evidenziato con la penna. “Come mai cerchi informazioni proprio sugli alberghi di Trento? – gli chiede, mentre una fiammella di speranza comincia ad accendersi. Non gli ha mai nascosto la sua preferenza per la terra delle Dolomiti, le tane della bellezza, dove si respira l’eternità. “Così,” – risponde lui con tranquilla padronanza, anche se si affretta a prenderle di mano i fogli, ripiegarli e rinfilarli nella tasca – “stavo cercando dove tu ed io potremmo finalmente passare un fine settimana e mi è venuta in mente questa città, non troppo lontana da Milano. Da lì, in meno di un’ora, si raggiungere una pista di fondo, sul Bondone, di fronte al magico scenario delle Dolomiti di Brenta.” “Quando si parte, allora?”- gli chiede lei, in odore di trepida attesa. Gocce di dolcezza le stillano dentro. “Purtroppo non se ne fa nulla, almeno nell’immediato. Mia madre sta male, domattina l’accompagno in ospedale. Giovedì, poi, dovrò andare a Reggio Emilia per un corso di aggiornamento, che durerà fino a domenica. Non ci potremo vedere per un bel po’, dunque.” Poi il commiato, fatto di abbracci che la stringono come tenaglie e di baci schioccanti, che diventano via via più leggeri, fino a risolversi in sfioramento, quando apre la porta e sparisce con un tenero “ciao piccola”. Il “ciao” di Azzurra è un po’ scorticato, come se schegge di ghiaccio le si fossero conficcate in gola. E’ delusa per il contrattempo: sono due anni che non trascorre più una vacanza con lui. Però il pensiero che l’evento sia solo rimandato le rende l’attesa più sopportabile. Chiuso l’uscio, corre subito all’enciclopedia per avere notizie sulla città del Concilio. Poi si ricorda di internet e si connette a Wikipedia. L’entusiasmo si accende, scoprendo quanto ci sia da vedere, in città come nei dintorni, e le sembra già di stare assaporando il ricordo di quell’indimenticabile romantico fine settimana. Deve pensare anche a cosa portarsi in valigia: oltre alla tenuta da sci, le scarpe di vernice rossa, naturalmente, e l’elegante abito di seta blu. Dovrebbe andare benissimo per la cena nell’hotel più prestigioso della città. Perché anche lei ha cercato su internet la lista degli hotel trentini ed ha scoperto che quello evidenziato, l’Albergo Accademia, è più caro persino del Grand Hotel. Non vede l’ora di entrare in questo angolo di paradiso, perché tale deve essere il luogo che lui ha scelto per il loro agognato viaggio, il primo insieme dopo tanto tempo. Si addormenta sognando il Bondone, il frastagliato profilo delle Dolomiti di Brenta, la cena a base di canederli, crauti e carrè di maiale. E, per finire, una bella fetta di strudel ... (segue - totale battute: 26630)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

114) "LA CHIAVE" - CATERINA FALOMO | ROMA

Domani. Domani sarà il gran giorno. Grande per le autorità, per il sindaco, per il Presidente della Provincia e quello della Regione. Un grande giorno che passerà alla storia e aprirà le porte al futuro. La conferenza stampa è stata tenuta questa mattina, qui nella hall. I giornalisti non hanno chiesto nulla circa il passato, solo banali domande circa il futuro… la strada che passerà di qui porterà reali benefici alla popolazione? … a quanto ammontano i costi? … quanto tempo si risparmierà per arrivare a T.? quando dovrebbero finire i lavori? E basta, tutto qui. Risposte autorevoli, risposte banali, risposte di parte, risposte piene di fiducia e di futuro. Il sindaco, andandosene, mi ha rivolto uno sguardo che diceva senza dirlo… “questo è il futuro…” Sono le cinque e un quarto del pomeriggio. Sono stato autorizzato a tenere la chiave del mio albergo fino a domani mattina alle 8, quando le ruspe arriveranno a buttare giù l’edificio. Ho 85 anni suonati, mi chiamo G. B. e il mio albergo è stato inaugurato nel 1880 dal mio bisnonno. Mio nonno è subentrato al bisnonno, mio padre a mio nonno e io a mio padre. Durante la guerra se la sono passata male, ma già nel 1950 abbiamo visto tornare vecchi clienti, ognuno con le proprie storie da raccontare e con la nostalgia dei tempi che precedettero la guerra... (segue - totale battute: 9623)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

113) "NON RESTERO' ZITELLA" - "LADY AILEEN" | SOLOFRA (AV)

E' cosa nota e universalmente riconosciuta che una ragazza appassionata di romanzi rosa debba essere in cerca di un amore da favola. Tale convinzione é così radicata nella mente delle mie amiche che per festeggiare il mio compleanno hanno deciso di regalarmi un fantastico week–end al Relais Villa Giulia di Fano dove si svolgerà un murder party in costume con la speranza che incontri il principe dei miei sogni. Confesso di aver accettato con piacere considerato che non ho mai partecipato ad un simile evento ma allo stesso tempo spero di non deludere le mie amiche così desiderose di vedermi accasata. Il mio problema, se così lo vogliamo chiamare, é che sono l'unica ad essere single in un gruppo di 5 ragazze sposate con prole e come se non bastasse sono considerata troppo esigente in fatto di uomini, dunque il loro timore é che io resti zitella (non che la cosa mi dispiaccia ma le mie amiche sembrano farne una questione di vita o di morte). Così venerdì pomeriggio 10 luglio dopo essere atterrata all'aeroporto di Rimini "Federico Fellini" prendo un taxi per raggiungere il relais. Durante il tragitto non faccio caso ai palazzi, alle strade e alle persone che sfrecciano davanti ai miei occhi, questo perché sono concentrata sul plico che le mie amiche mi hanno consegnato prima di partire: la scheda del personaggio che dovrò interpretare, un depliant della location, brevi cenni al periodo storico in cui si svolgerà la manifestazione, il programma e il regolamento completo. Il tempo passa velocemente e in breve mi ritrovo davanti all'ingresso della villa, a quel punto ripongo tutta la documentazione nella busta e mi accingo finalmente a gettare uno sguardo all'esterno... (segue - totale battute: 12585)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

112) "MANI INSANGUINATE SUI CAPELLI BIONDI" - ALESSIA & MICHELA ORLANDO | FISCIANO (SA)

Il camion arrancava sulla salita del Verghereto. Un telefono stava per squillare. Ogni volta che Joseph transitava da li, trovava utile sostare per acquistare il pecorino di Fossa. Era ormai divenuto un rito da quando, un paio di anni prima, aveva ceduto d’impulso alla voglia di riassaggiarlo. Aveva nevicato tutta la notte sugli Appennini. La neve fresca non aveva ostacolato la sua marcia forzata verso la consegna di un carico di motociclette nella zona di Forlì. Aveva notato l’indicazione di un negozio in cui si vendeva quel formaggio tipico, molto costoso, ma gradevolissimo. Ne era rimasto fulminato quando l’assaggiò la prima volta. Anche in quel caso aveva effettuato una consegna nei pressi di Forlì e si era concesso una pausa a Santarcangelo di Romagna. Era capitato nel bel mezzo di una iniziativa di promozione della notissima rassegna di teatro giovane, che vi si tiene a cadenza annuale. Il paese appariva ancora più vitale del solito. Orecchiando i commenti positivi di persone che uscivano da una trattoria, vi era entrato. Era capitato accanto all’immenso drammaturgo Leo De Berardinis, che quell’anno avrebbe diretto il festival e non poteva certo immaginare che nel suo destino ci sarebbe stato il tragico coma decennale. Se ne era stato a guardare la sua chioma e lo sguardo volitivo ed ogni volta che lo sentiva parlare con una bellissima ragazza bruna, la sua voce lo faceva vibrare, trasmettendogli sensazioni antiche. Gli pareva di sentire la voce del nonno, quando gli raccontava dell’orco e del bosco incantato. Anche i suoi intensi silenzi gli parlavano. Accadde spesso, ogni volta che con lo sguardo posato lentamente sul bicchiere di vino e poi negli occhi negli della ragazza, parevano comunicargli telepaticamente le sensazioni che provava... (segue - totale battute: 17472)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

111) "MARTIN E IL PIANO NGWEL DELLA REALTA" - FLAVIA BALSAMO | GIUGLIANO (NA)

Il professor Antonio Cuccuvati, filosofo e linguista, si era concesso una breve paura rinchiuso in una conca ai piedi del Monte Bianco, nei pressi di Courmayeur, comune della Valle d’Aosta. Prima di giungere alla destinazione ultima, l’Auberge de La Maison, l’uomo dagli affascinanti baffi color arancio decise di visitare la chiesa di San Pantaleone. Secondo la leggenda Pantaleone fu colpito dalla persecuzione di Diocleziano ma per diverse volte sfuggì alla condanna in miracolosa veste. Dapprima lo condannarono al rogo, ma le fiamme si spensero, poi doveva essere immerso nel piombo fuso, ma il piombo si raffreddò miracolosamente; il terzo tentativo fu di gettarlo in mare con una pietra legata al collo, ma il masso galleggiò; per niente arresi lo condannarono ad essere divorato dalle belve feroci che però lo accolsero bonariamente; fu legato ad una ruota, le corde si spezzarono e la ruota finì in frantumi. Tentarono infine di decapitarlo, la spada si piegò. Solo quando il santo diede il suo consenso gli fu tagliata la testa. Entrato in chiesa Antonio effettuò una maldestra genuflessione, figlia delle sue gracchianti ossa e delle mani occupate. Nella destra teneva stretta la valigia un po’ vecchia, in perfetto stile “fuori dal mondo”, nella sinistra reggeva invece la gabbietta con dentro il suo gatto, Martin. Pensò all’invocazione di Panteleemon (in greco: chi ha compassione di tutti), “Dio perdonali”; penso all’altro, più famoso convertito, che in vita tormentata disse: “Inquietum est cor nostrum donec requiescat in te”, Sant’Agostino. Un bambino sfacciato con le mani nelle tasche dei pantaloni e l’aria irrequieta si avvicinò ad Antonio. “Signore, che significa quella cosa strana che ha detto, è una formula magica?”. Antonio incarnava il tipo di filosofo solitario e sarcastico, eppure con i bambini riusciva non si sa come a comunicare, forse per la loro sfrontatezza e curiosità, forse perché più di tutti resistevano furtivi alle parole asociali dell’uomo. “Inquieto è il nostro cuore finché non trova pace in te”. “Un’altra stupida cosa religiosa insomma” disse palesemente scocciato il bambino fissando le preghiere della mamma. “Che lingua è?” chiese poi incuriosito. “Latino”- rispose divertito il filosofo – “ti piace?” “Per niente, sembra noioso” osservò il bambino lanciando un’occhiata al gatto, seguita da una sonora linguaccia... (segue - totale battute: 8440)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]




[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

110) "CADAVERI A NATALE" - GIANLUCA ASCIONE | TREVISO

Il commissario Calandrei odiava le chiamate notturne. Se poi la chiamata giungeva la notte della vigilia di Natale e annunciava il rinvenimento di due cadaveri, l'astio nei confronti della sorte beffarda, che si prendeva gioco di lui tenendolo sveglio ogni volta che affrontava il turno di notte, cresceva in maniera esponenziale. Quei ripetuti sovraccarichi di lavoro gli erano già costati nevrotici disturbi del sonno e una moglie. Una separazione rapida ma per nulla indolore; un'equazione dal risultato pressoché scontato: assenze prolungate da casa + apatia cronica per debiti da riposo = richiesta di divorzio. Quando era giunto al Leon d'Oro, permeando la nebbia bassa e compatta con la volante guidata dall'agente Ferretti, aveva trovato l'intera comunità dell'albergo riunita nella hall così come aveva richiesto. Un tizio basso, equipaggiato con un ventre prominente e un'incipiente calvizie che ne aveva depauperato quasi l'intero cranio ad eccezione dei lobi laterali e della nuca, gli si fece incontro. "Il signor Sorrentino?" "Sì." "Calandrei" disse seccamente, aprendo il tesserino di pelle su cui spiccava il distintivo della polizia. Il signor Sorrentino, direttore del Leon d'Oro, aveva eseguito la telefonata in Questura. Un'odiosa chiamata notturna. "Ho radunato tutti i dipendenti e gli ospiti dell'albergo come mi aveva detto lei." "Bene" asserì mentre osservava le dieci persone accomodate sui divanetti "ora mi mostri i corpi." "Da questa parte" indicò ossequiosamente con il braccio teso, come se stesse accompagnando un cliente di prestigio nella sala delle conferenze. "Ferretti, tieni d'occhio questa ciurmaglia." Secco e sfrontato. Perfettamente nel suo stile... (segue - totale battute: 13836)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

109) "E' COSI' LABILE LA DISTANZA" - FRANCO ZARPELLON | MESTRE (VE)

Non mi venite a dire che ho inventato tutto e nemmeno che l’ho sognato. Sono una persona razionale io, un ingegnere, credo solo a ciò che è reale. Aveva ragione mio nonno quando diceva, niente è più vero di ciò che deve ancora avvenire. Non si riferiva a qualcosa di magico o di immaginario, solo alla potenza della propria volontà. Grande uomo mio nonno, una persona che ha creato la mia ambizione. Non ponetela al negativo, che significa cancellare i sogni? Ha solo saputo indirizzarli. Grazie alle sue parole mi sono laureato e sono diventato direttore di un’importante multinazionale. Ho sposato una donna meravigliosa, figlia di un magnate del petrolio, e assieme a lei ho cresciuto cinque figli ormai maggiorenni. Vivo in una grande casa nel centro di Parigi e posso disporre della migliore servitù. Ho raggiunto quello che volevo, ma ad un prezzo, vivere lontano dalla mia città natale. Poi anche mio nonno se n’è andato e con lui l’ultimo vero legame con Venezia... (segue - totale battute: 9773)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

108) "UN PICCOLO CORPO, UN GRANDE MONDO" - FLAVIA BALSAMO | GIUGLIANO (NA)

“Adoro questi pavimenti” disse la non più giovane donna osservando ammirata la camera d’albergo. “Tu cos’è che non adori?” aggiunse un po’ borbottando l’uomo. “Anche se devo ammettere questa relais è affascinante”. “Mi stupisci Alberto” disse sarcastica la donna “solitamente non ti lasci andare a giudizi di alcun tipo”. Alberto, un uomo molto alto dai pantaloni a righe vellutati verdastri e le scarpe di cuoio a punta, ispezionava la camera con fare meticoloso. “E’ solo che trovo inutile tutto questo tuo attaccamento a mobili, suppellettili e inutile roba”. Gli anni infastidiscono, irritano le parole. Il tempo ti stringe in morsa sottile. La pazienza muore quando il futuro è ridotto in miseria. Alberto viveva di smorfie di disapprovazione e immutato sconforto. “Perché? Ah giusto non ci posso abbellire la tomba… E’ così? Vivi come fossi già morto”. Alberto poggiava la mano sul comodino di legno stagliato sul bianco leggero delle pareti; prese a giocare con le dita sui contorni del mobile. Le unghie ignoranti di curve lisciavano l’esistenza ambigua di quei minuti. Fissò sconfitto Isabella. “Ancora devo capire, perché siamo qui?” disse voltandosi verso lo specchio. Isabella fece due passi verso la finestra, a metà strada tra la verità e l’illusione. “Sai solo lamentarti, goditi questo soggiorno, guarda che bei pavimenti…”. Effettivamente i pavimenti erano davvero belli, consistevano in grossi quadrati. I lati degli angoli dei rispettivi quadrati erano uniti generando così l’impressione di un ottagono accerchiato da quattro più piccoli quadrati. Più di tutto stupivano quelle croci seminate sul pavimento geometrico. La donna dai capelli fragili color cenere sfiorò il pomo del letto in legno, la mano passò delicata sulla trapunta rossa. Isabella guardò gli occhi del marito, l’azzurro ingenuo complice del suo rapimento aveva lasciato il posto ad un grigio spento, viaggiante in angoscia. Il rosso focoso non diceva parole, il silenzio strozzava rimasugli di passioni lontane... (segue - totale battute: 7415)

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[ 28 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

107) "IL LIMBO" - GIUSEPPE ACCIARO | BOLOGNA

Armando compose un numero di telefono, ma dal display del cellulare capì subito di aver sbagliato. Si mise una mano tra i capelli, riprese fiato e articolò meglio i movimenti della mano. Stavolta il numero era esatto. “Giovanni, ci sono novità?”, “No, Armando, stamattina tutto tace”, rispose una voce stanca e impastata. “Chissà quando verranno a prelevare dal magazzino…Senti, prova a richiamare la signora Angela per vedere se sono pronte le chiavi di quel piccolo appartamento del quale mi aveva accennato…Giovanni, mi stai ascoltando?”.. “Sì, sono qui. Ho parlato con lei ieri sera, e purtroppo mi ha detto che ci sono dei problemi col vecchio inquilino, che non vuole andarsene e sostiene che c’è una clausola a suo favore nel contratto”. “Insomma, i tempi si allungano, e se non riesco a piazzare la merce in tempo utile, io…no, non voglio nemmeno pensarci”. “Mi dispiace tantissimo, per tutti e due. Non siamo stati fortunati negli affari, Armando”. “Le nostre situazioni sono molto diverse…tu hai una casa di tuo proprietà, e inoltre hai iniziato da poco un’altra attività che sembra stia rendendo bene, mentre io sono pieno di debiti, ho centinaia di capi di abbigliamento che devo smerciare in blocco, ma soprattutto non ho una casa”. Giovanni rimase in silenzio per alcuni secondi. “Ho qualche soldo da parte, vedrò di darti una mano”. Il tono blando della voce di Giovanni non convinceva Armando, che sapeva benissimo come il suo collaboratore fosse un tipo tutt’altro che generoso. “Ti ringrazio per le buone intenzioni, ma… scusa Giovanni, ma devo interrompere la telefonata, sento dei passi vicino alla stanza”. Armando riattaccò e appoggiò l’orecchio vicino alla porta color grigio azzurro. Data l’ora pensò che dovesse essere una delle addette alle pulizie... (segue - totale battute: 6558)

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[ 28 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

106) "ALFREDO" - STEFANO PINTO | AMBIVERE (BG)

Da circa un’ora aveva varcato la soglia della camera numero 316 assegnatagli dal direttore dell’albergo dottor Garzelli. Alfredo Novini posò a terra la borsa con i cambi di scena, la valigia contenente il necessario per la sua esibizione (una pianola, un pc portatile e un microfono) e iniziò a curiosare. Se qualcuno fosse entrato in quel momento nella camera l’avrebbe potuto scambiare per un poliziotto intento in una perquisizione. Da anni non passava una notte fuori casa e da molti di più in albergo, dal viaggio di nozze con sua moglie Claudia. Gli piaceva la sensazione di sapere che, da quella stessa camera in cui ora era ospite, erano transitate centinaia di persone ognuna con la propria storia, bella o triste che sia stata. Alfredo cercava in ogni angolo, in ogni cassetto un oggetto che potesse ricondurlo a quelle vite ma non trovando nulla, all’infuori di alcuni depliant dell’hotel, si distese sul letto. Accese la televisione e si rilassò. Stupendo. Alfredo Novini non riusciva a trovare altro aggettivo per descrivere il suo stato di grazia. L’albergo ed il suo direttore che lo avevano voluto per suonare quella sera erano di gran lunga migliori di quello che si era immaginato, la stanza assegnatagli avrebbe tolto il fiato a qualsiasi suo conoscente ma la sensazione che più delle altre lo rendeva soddisfatto era quella di sentirsi desiderato. Era la prima volta che usciva dalla provincia di Bergamo per cantare. Sembrava ieri quando, al termine di uno dei tanti matrimoni in cui esibiva la sua modesta arte, un uomo sulla sessantina lo aveva avvicinato invitandolo ad esibirsi in un hotel della Liguria. Lì per lì Alfredo Novini pensò ad una proposta dettata più dal vino che dalla reale ammirazione per la sua musica ed invece eccolo non più tardi di un mese dopo a rimirare il Mar Ligure dalla terrazza di un hotel a pensione completa completamente a carico della direzione... (segue - totale battute: 18098)

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[ 28 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

105) "E LA NOTTE CALO'" - ALESSIA & MICHELA ORLANDO | FISCIANO (SA)

Le mani delicate inserirono tra gli indumenti un libro con la copertina verde e la scritta bianca; ed un altro più sottile con la copertina senape, la scritta nera, rossa e blu, il particolare di un quadro con ricche vettovaglie, la chiocciola dorata, simbolo di Slow Food Editore. Poi chiusero la seconda valigia. La giovane si guardò allo specchio, diede un colpo di spazzola ai capelli biondi, lanciò uno sguardo verso la stanza da letto e sedette al dattilo. Digitando lentamente scrisse: “Giorgio, di te non porto nulla, quasi nulla. Sottraggo solo il testo Ferdinando, di Annibale Ruccello, e il Notiziario delle produzioni particolari del Regno di Napoli e delle cacce riserbate al real divertimento, pubblicato ripubblicato da Slow Food Editore. Lascio acceso il pc su youtube Philippe Jaroussky – Vivaldi aria. Lo ascolto mentre scrivo: Addio. Flavia”. Le mani sollevarono senza fatica le valigie; il corpo agile si raddrizzò, dirigendosi verso la porta; l’aprì; le poggiò sul tappeto in cocco. Poi si girò. Guardò per l’ultima volta quella splendida suite d’albergo; spense la luce e le sembrò che fosse calata di colpo la notte. Su tutto. Il taxi blu parti docilmente... (segue - totale battute: 9911)

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[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]




[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

104) "LO SPIRITO DEI FIORI" - IMMACOLATA ALFANO | ANGRI (SA)

In un piccolo paese, posto nella Calabria, viveva una ragazzina di 13 anni di nome Noelia, era una ragazzina sempre allegra, piena di vita, adorava il suo paese e soprattutto la sua casa che si affacciava a mare, ogni mattina prima di scendere per la scuola faceva sempre un gran sospiro per poter sentire l odore della salsedine che amava tanto, per lei il mare era l unica cosa che la rendeva felice. Andò a scuola e come ogni mattina seguiva le lezioni quando ad un tratto entro il professore di musica che fece un annuncio: ragazzi abbiamo deciso dove andremo in gita, andremo a passare una settimana in valle d’ Aosta e saremo ospito in un simpatico hotel golden book hotels il nome è Auberge de la Maison. Prendete i moduli e fateli firmare dai vostri genitori. Tutti erano felici tranne Noelia, non si era mai allontanata da casa e soprattutto non era mai andata in un luogo di montagna lontano dal suo mare, ma ci sarebbe andata perché voleva andare in gita dai suoi amici. Tornata a casa la madre firmo subito, pensava che sua figlia doveva fare nuove esperienze e vedere nuovi luoghi. Arrivò il giorno della partenza, la valigia era pronta, erano tutti davanti al pulman, Noelia salutò i suoi genitori e sali con i suoi amici sull’ autobus, il viaggio fu divertente, i ragazzi cantarono, giocarono e scherzarono, quando ad un tratto Noelia vide una grande vallata, con un prato verdissimo che non aveva mai visto in vita sua, e in lontananza vide l’ hotel... (segue - totale battute: 10814)

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[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

103) "LACRIME SUI CUSCINI" - ARIEL STRANIERO | QUARTU SANT'ELENA (CA)

“Ho messo su 10 chili, caaaazzo.. Però, ora che ci penso, stamattina non ho cacato..”
“Non dire puttanate.. non puoi avere 10 chili di merda.. sarà forse colpa di tutte quelle stronzate indiane che mangi? O dei litri di birra che ti scoli? Ma poi, non sei musulmano cazzo, non dovresti neanche bere..”
“Non sono musulmano, sono indù”
“… ssssì, vabbè.. quello che è.. siete sempre dei fottuti terroristi.. vabbè.. qualche novità in ufficio da quando sono andato via?”
“.. non capisci un cazzo di religioni..coglione… sì, ha chiamato un tipo, ti cercava.. non ho capito da dove cazzo chiamava, non era di qui.. gli ho detto che ti avrebbe trovato domattina, comunque.. “
“hmm, ok..”
Si avviarono verso l’uscita della palestra, diretti all’ascensore. Condivisero il breve viaggio verso la hall con una coppia di turisti orientali, i quali sorrisero amabilmente per tutto il tempo della discesa.
“.. questi giapponesi del cazzo non fanno altro che sorridere.. ma dobbiamo proprio venire nella palestra di un hotel? Una normale, no? Magari potremmo conoscere anche qualche figa e non solo turisti del cazzo ..”
“..lo sai che mi fanno lo sconto qui per quel lavoretto che abbiamo fatto.. e poi, secondo me, questi due cazzoni non sono giapponesi.. e vabbè, tanto sono tutti uguali questi stronzi.. ma almeno loro usano quelle bacchette del cazzo per mangiare, tu usi le mani..”
Uscirono dalla hall, condividendo il breve tratto di strada verso la stazione della metropolitana... (segue - totale battute: 8010)

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[ 27 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

102) "IL NOSTRO ALBERGO CI ATTENDE" - ROSA ROMANO BETTINI | LEGNANO (MI)

All'hotel Villa Ida dormivano tutti; solo il portiere, discreto, aspettava. La serata era dolce, il cielo di un incredibile blu e l'aria tutta profumava di mare. Vittorio, di ritorno da una cena conviviale, avrebbe voluto passeggiare tra i vicoli silenziosi e lungo il torrione vicino alla spiaggia, fantasticando sul suo futuro, ma era mezzanotte passata e l'euforia della cena stava lasciando il posto a un vago malessere. Con Cesare e Gian Maria, due amici di Alassio che non vedeva da un anno, aveva trascorso una serata festosa in una trattoria di Garlenda, dove avevano mangiato pansotti al sugo di noci, coniglio alla ligure, cima e verdure, il tutto innaffiato da ottimo vino: prima un rossese doc, poi un assaggio di vermentino, e infine un Pigato dell'entroterra albenganese a cui Vittorio non aveva saputo dire di no. Ora però un'insolita ebbrezza lo faceva vacillare dall'allegria al malumore, dalla leggerezza alla gravità della vita. Entrò in albergo con passo traballante, non vide il gradino e rischiò di cadere. «Prima non c'era o mi sbaglio?» disse per giustificarsi al portiere, il quale sorrise e, con un cenno del capo, gli consegnò le chiavi della 324. Quella camera, sobria e raffinata, con un terrazzino delizioso da cui si poteva ammirare il profilo della Gallinara, un'isola simile a una tartaruga che cuoce al sole la propria corazza, era piaciuta subito a Vittorio che, arrivato a Salea per la consueta sagra del Pigato, anziché comportarsi come tutti gli anni, ossia arrivare comprare e ripartire, aveva deciso di fermarsi qualche giorno in albergo. Ormai prossimo alla pensione, aveva cominciato a guardarsi attorno per selezionare un posto dove in un futuro non molto lontano poter pigramente svernare... (segue - totale battute: 14514)

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[ 26 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

101) "LA VALIGIA AZZURRA" - LUCA DORE | SASSARI

Credo che la ragazza della reception abbia capito tutto. Per quel poco che posso vedere attraverso le frange marce di questa enorme scatola azzurra dentro la quale vivo da giorni, lei fa cenno di avermi notato. E continua a sorridermi. Ma allora perché, se in qualche modo è già entrata in empatia col mio dolore, continua a sorridere anche ai miei carcerieri? Dovrei cercare di attirare la sua attenzione, ma tutto quello che posso fare è sollevare un piede fra le coperte, un gesto invisibile al di là del bancone, un gesto privo di suoni, un principio di fruscio impercettibile in questa sala gremita di carrelli e vivandieri, campanelli e cucchiai, telefoni e radiogiornali. Lei continua a incensare i miei aguzzini, a chiedere “da dove venite?”, a credere a ogni loro parola. Le fanno vedere dei documenti, falsi come ogni cosa che viene fuori dalle loro tasche. Sono persone contraffatte, sono individui marci. Anche se agli occhi degli altri possono sembrare una romantica coppia in viaggio di piacere. Lui credo abbia trentacinque anni, la sua compagna solo uno o due in meno. Chiedono una mappa della città. La tizia srotola un pieghevole del quale riesco a intuire solo l’intestazione in grassetto, a caratteri distanti: R O M A... (segue - totale battute: 6922)

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[ 26 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

100) "SENZA FRETTA" - MARIA LUCIA FERLISI | CURTATONE (MN)

Tutto è perfetto. Ha scelto Venezia, la città degli innamorati, per festeggiare il nostro primo anniversario. L’albergo si trova in pieno centro, in stile cinquecentesco, affacciato sulla laguna, immerso nella leggera e ovattata foschia, quasi a nascondere il nostro incontro clandestino. La camera ha le pareti ricoperte di tessuto dal color rosa antico, ornata da specchi dorati, mentre il letto ha la testiera orlata da intarsi in oro e delicati intrecci di fiori. Sembra di essere proiettati all’indietro nel tempo. Tu il mio cavaliere, moderno Casanova, ed io affascinante ed enigmatica dama. Se non fosse stato per la vasca idromassaggio nel bagno, avrei potuto credere di essere davvero nel seicento. L’insistente suoneria del cellulare mi riporta alla realtà interrompendo il mio sogno di cavalieri e dame... (segue - totale battute: 5431)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

99) "UNA VENDETTA IN PIZZO NERO" - FIORELLA BORIN | MILANO

E’ un lusso che mi concedo solo una volta ogni tanto. Anziché bere il caffè in piedi nel primo bar che mi capita, vengo a sedermi qui. Il bar di questo albergo è contiguo alla hall, e mi piace molto osservare il via-vai dei clienti a quest’ora del pomeriggio. Di ciascuno immagino la storia, la provenienza, il motivo per cui ha pernottato qui: lavoro, turismo, svago, un guasto alla macchina, il matrimonio di un amico, il funerale di un parente. Queste fantasticherie, innocenti o maliziose che siano, aggiungono sapore al caffè che sorseggio lentamente, senza mai guardare l’orologio. Non mancano le coppie clandestine, e quelle le riconosco subito. Ne è uscita proprio adesso una dall’ascensore. Lui pare avere il doppio degli anni di lei: le tempie grigie, la fronte segnata da qualche ruga orizzontale, il ventre appesantito da un filo di pinguedine che la giacca dal taglio impeccabile mitiga, ma non cancella. All’anulare sinistro porta la fede. Con la destra regge una minuscola valigia di pelle nera, di cui non è difficile indovinare il contenuto: l’occorrente per una notte sola, trascorsa dormendo poco e faticando assai. La donna avrà non più di venticinque anni; indossa un tailleur da grandi magazzini e, nonostante il trucco, ha il viso stravolto di chi ha appena pianto. Le tremava la mano quando ha messo il rossetto: le labbra mostrano una sbavatura asimmetrica, una virgola all’ingiù che storpia la bellezza dei suoi lineamenti. Me la immagino seduta sulla sponda del letto, appena rivestita dopo l’amore: una macchia scura, curva sullo specchietto, una malinconica silhouette femminile che risalta nel biancore delle lenzuola sgualcite, scalciate, penzolanti sul pavimento. Lei si passa il rossetto sulle labbra e lui, di spalle, nel bagno, dopo avere stretto il nodo alla cravatta, col palmo della mano si spazzola la giacca meticolosamente, per scongiurare il rischio che di lì a breve una sospettosa consorte rinvenga sulla stoffa la più inequivocabile (e ribalda) prova di colpevolezza: un lungo, setoso capello biondo. Sono in silenzio, il silenzio pesante che segue un litigio o l’annuncio di una rottura. Il silenzio bianco di un letto sfatto, di un uomo che già pensa al viaggio che lo attende, al traffico, l’autostrada, la moglie (la moglie!); il silenzio di una donna che si trucca le labbra per mascherare la bocca che ha baciato l’uomo di un’altra, e la punisce stendendo malamente il rossetto... (segue - totale battute: 6247)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

98) "ATTRAVERSO GLI SPECCHI" - MANOLA TORII | CATANIA

Era finalmente giunto il giorno dell’atomizzazione, come la chiamava lui. Persino la semplice preparazione di una valigetta ventiquattrore e degli abiti che gli sarebbero serviti veniva scrupolosamente portata a termine come se si trattasse di un rituale magico. Selezionò esattamente dieci oggetti che ripose nella valigetta, comprese le chiavi dell’automobile, ed uscì di casa sbattendo la porta. Due giorni di ritiro spirituale, di nebulizzazione, polverizzazione, dispersione atomica nell’universo, prima di tornare ad essere uno. Gli ci vollero diverse ore di guida, ma di sera, nelle autostrade innevate e nebbiose, non c’era un’anima viva, e le note di Everyday di Comando avevano già trasformato l’abitacolo dell’automobile in un bozzolo di cristallo distaccato dal mondo al di là del finestrino. Provò una sensazione di leggerezza alla testa e ai piedi non appena scese dalla vettura e si diresse, valigetta in mano, verso le vetrate illuminate a giorno nonostante l’ora tarda. Varcata la soglia, si rese conto che il calore che provava non era emanato solo dai termosifoni: la luce aranciata, le carte da parati, la moquette e le soffici tende di altre epoche lo avvolgevano in morbidi lembi di gioia, pizzicandogli gli occhi lucidi. La hall dell’hotel era un paradiso per gli occhi, in stile vittoriano, quello che preferiva... (segue - totale battute: 6821)

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[ 24 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

97) "TRE STELLE EXTRA" - GRAZIA GIRONELLA | FANNA (PN)

Gel contro i reumatismi, merendine, profumo in salsa erotica, e a seguire un telefilm americano alla quarta replica. Valeria spense la tivù, esasperata. Destreggiarsi con lo zapping era diventato un’impresa superiore alle sue forze, come troppe cose, di recente. L’occhio corse alla tavola pronta: insalata di riso e tocai ben freddo; ma Simona dov’era? Aveva detto di volerle parlare del viaggio, anche se ormai era tutto definito nei minimi dettagli, dopo ore e ore trascorse a studiare guide e cartine – un buon modo per approdare alla notte senza affogare nel dopocena. Mancavano due giorni soltanto alla partenza. Il trillo del campanello precedette di pochi istanti l’irruzione di Simona sotto forma di turbine biondo platino. «Tesoro, scusa il ritardo!» Baci, abbraccio. «Non immagini il traffico… Per di più mi è toccato restare in ufficio oltre l’orario con quella rimbambita della ragazza nuova.» Con uno sbuffo sonoro Simona si liberò dalla giacca del tailleur, poi adocchiò la bottiglia di tocai e puntò verso il tavolo, mentre Valeria la osservava con un mezzo sorriso. «Mi dispiace che tu abbia avuto una giornata infernale.» «Che vuoi farci.» Simona si ravviò i capelli specchiandosi sui pensili amaranto. «Tu, tutto bene in redazione?» Valeria si strinse nelle spalle. «Ho una montagna di lettere da leggere e devo rispondere almeno a una decina per essere coperta anche con l’uscita di luglio.» «Pensi di farcela?» «Devo. Ma sono così stanca di sentire racconti tristi di donne tristi! Cosa direbbero le lettrici se sapessero che la mia vita sentimentale è andata in pezzi secondo il copione più banale del mondo? Anni a distribuire consigli, e poi…»... (segue - totale battute: 19638)

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[ 21 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

96) "DUE INSTANCABILI DOTTORESSE..." - DANIELE ARDIGO' | SONCINO (CR)

Quando ero bambino, ero così magro da sembrare un’anguilla e sfruttavo questa caratteristica per entrare in una terra abbandonata che si trovava dietro casa mia. Tale appezzamento disabitato veniva soprannominato “il triangolo isolato” per via della sua forma. Ero così mingherlino che riuscivo ad attraversare le sbarre di un cancello arrugginito ed avevo anticorpi così agguerriti che non contraevo neppure un banale malanno. Me ne stavo tutto il pomeriggio in quella terra incustodita e, quando rincasavo tutto sporco, mio nonno approfittava di questo vizietto per sculacciarmi. Mia nonna, per abitudine, cercava di rabbonirlo, ma alla fine mi regalava anche lei un paio di scapaccioni. Così, tutti i pomeriggi, rimanevo con il corpo sudicio come una patata e con il sedere rosso come un pomodoro! Tuttavia, tornavo sempre in quel posto, per giocare con le lumache e con i gatti, e per tentare nuovi esperimenti sulle lucertole, usando un supermedicinale di mia invenzione: “il Ricrescil”. Come il solito, un pomeriggio sgusciai tra le sbarre del vecchio cancello e mi avventurai alla ricerca di lucertole, a cui tagliare la coda, in modo da testare, poi, gli effetti di ricrescita sulla loro estremità mancante, da parte del mio supermedicinale. Quest’ultimo era composto di aspirina, di antibiotici e di sciroppo per la tosse. Miscelavo il tutto in un barattolo vuoto di fagioli borlotti e, poi, spennellavo un cerotto con questa pozione, applicandolo sul punto dell’amputazione. Infine, registravo, con estremo rigore scientifico, i risultati degli esperimenti su un quadernone e deducevo statistiche incoraggianti per il mio futuro da scienziato. Quello stesso pomeriggio ero impegnato nell’avvistare lucertole per i miei nobili scopi scientifici, quando sentii strani rumori provenire dall’hotel che si trovava vicino a quel fazzoletto di terra... (segue - totale battute: 7915)

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[ 21 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

95) "VACANZE AL GRAND HOTEL" - ALESSIA SCHINARDI | CAGLIARI

Pacchetto in offerta stracciata sul Lago, tanto per cambiare. Cambiare lago, s’intende. Grandhotel? Ja! Come spesso accade, io e Lui siamo d´accordo, anche se per motivi diversi. Detto fatto. Prima che Lui confermi la prenotazione ho già chiuso la valigia …Infatti, le conseguenze non si fanno attendere … Il fatto che il tuo costume da bagno mi faccia da pantaloni da corsa non significa che il mio culo si è allargato, ma che tu sei dimagrito... Vedi caro, se non mi fossi dimenticata la tuta a casa, non l´avresti mai scoperto... La camera è pronta e sono solo le quattordici, col pensiero siamo già in piscina... Ma come? Letti separati... non hai scritto che siamo regolarmente sposati ... Certo che se invece di essere una tranquilla coppia regolare fossimo stati amanti clandestini con questo inconveniente avremo perso ore preziose … La cameriera in divisa arriva subito e sudando con disinvoltura unisce i letti, infila i materassi sotto un lenzuololone….ecco è questo l’esatto concetto che ho del letto matrimoniale... Affacciati sul balconcino virtuale o portafinestra con ringhiera che dir si voglia, Lui mi confessa che la vista sul lago non era in offerta. Abbiamo la vista sulla pasticceria dell´hotel. Se avessero saputo dell’orgasmo suscitato in noi dalla vista e da quegli odori ci avrebbero chiesto un sovrapprezzo... (segue - totale battute: 9099)

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[ 20 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

94) "NEL GIARDINO DELL'EDEN" - MARIA EVELINA LAVAZZA | MILANO

Da quanti anni ci conosciamo? Forse 25. Clara era una giovane fanciulla bionda, alla sua prima esperienza lavorativa ed aveva molto da imparare. Io avevo quasi il doppio della sua età ed un’esperienza di lavoro lunga quasi come i suoi anni. Dopo aver lavorato insieme per circa un lustro le nostre strade si sono divise, ma la nostra amicizia, nata e sviluppatasi solo dopo la caduta degli schematismi gerarchici, imposti dai nostri rispettivi ruoli lavorativi, è proseguita nel tempo. Il mio spirito, senza più i lacciuoli professionali che lo condizionavano, è ormai libero di esprimere quei guizzi di follia, che mi hanno aiutato a superare un incipiente senso di inutilità e che contribuiscono oggi a rendere meno noiosa la mia vita di pensionata. Finalmente utile a me stessa e grata di vivere in questa realtà milanese, che favorisce gli interessi di chiunque ne abbia da soddisfare, percepisco la vecchiaia come un optional, che giace nella memoria dell’anagrafe e che viene richiamata solo sporadicamente per delle necessità formali. E’ forse per questo mio atteggiamento mentale che ho avuto il privilegio di mantenere viva quest’amicizia con la sempre giovane Clara. Le sue esperienze di vita privata e professionale, felici e purtroppo anche infelici, hanno attenuato la percezione della nostra differenza d’età e i miei raggrinzimenti cutanei non hanno mai costituito un ostacolo alla nostra confidenza... (segue - totale battute: 10952)

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[ 20 novembre, 2009 ] • [ eureka ]




[ 20 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

93) "UN MULINO DI MAGIA" - BARBARA IMBESI | STATTE (TA)

Finalmente ero riuscita a partire per una meritata vacanza dopo tre mesi trascorsi nello scantinato dell’ospedale, in un laboratorio così angusto e oscuro che persino i topi disprezzavano. Avevo una prenotazione in un delizioso albergo in Friuli: “L’ultimo mulino”. La brochure mi aveva colpita dal primo momento e quello che vidi scendendo dal taxi fu di mio assoluto gradimento. Era come se in quel luogo incantato il tempo si fosse fermato; tutto intorno un’infinita distesa di verde, piante rampicanti e fiori variopinti incorniciavano la porta in legno scuro. Il soffitto rivestito di travi di legno e l’arredamento caldo e accogliente mi fecero sentire subito rilassata. Un ragazzo molto garbato mi aiutò a portare i bagagli nella mia stanza. La camera si trovava nella mansarda, un grande letto soffice e candido mi attendeva. Era come se fossi arrivata nella casa delle fate, circondata da una natura incontaminata e misteriosa. Decisi di fare un bagno caldo per togliermi di dosso l’odore dell’aereo. Riempì la vasca con abbondante acqua bollente nella quale galleggiava una schiuma bianca e profumata. Lasciai cadere per terra il mio vestito blu e mi immersi in quella goduria di calore e vapori inebrianti. Le palpebre si fecero sempre più pesanti, fino a che non si chiusero definitivamente... (segue - totale battute: 12214)

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[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]




[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

92) "DEAD LETTER" - BENEDETTA BERIO | IMPERIA

“Allora è deciso.” In quel momento ero appena entrato nella hall dell'albergo dove il mio destino stava per compiersi,trascinando una valigia logora e pesante come le catene che imprigionavano il mio spirito. Quelle parole,scaturite da due labbra rosse come il sangue,segnarono l'inizio della fine,ma in quel momento non vi prestai attenzione. La donna si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso smagliante. Si avvicinò lentamente e si presentò “Benvenuto, mi chiamo Theresa Mordie. Sono la proprietaria dell'albergo.” Ricambiai il suo salutò e venni invitato a partecipare ad una partita di poker che si sarebbe svolta la sera seguente. Poco dopo entrai nella mia stanza e mi abbandonai al flusso dei ricordi. La luna brillava nel cielo e mi ricordava le lunghe passeggiate sulla spiaggia il mio perduto amore,il suo profumo e la sua risata spensierata,il mio grande amore,le mie labbra bruciavano al ricordo dei suoi baci in quel delirio che mi rubava il sonno. L' avevo conosciuta qualche anno fa,ma non era stato il classico colpo di fulmine:era circondata da una schiera di ammiratori e per convincere quegli occhi da gatta a posarsi su di me avevo dovuto dimostrarle che solo io ero in grado di leggere nella sua anima e soddisfare i suoi desideri. Le lacrime cominciarono a scivolare lungo le mie guance e altrettanto improvvisamente eccolo là vivido nella mia memoria: il ricordo del nostro ultimo bacio. I suoi occhi socchiusi erano fissi su di me, anche se non potevano più vedere, mentre mi chinavo sulle sue labbra,fredde,che avevano cambiato colore come i petali di una rosa appassita e la sua pelle chiara come la luna rendeva più vivido il fiore di sangue che era sbocciato dal suo petto. Assassinata,la donna che amavo con tutto me stesso,nella camera di un altro albergo durante il nostro viaggio di nozze. Ero fuggito con il cuore in gola,temendo di fare la stessa fine e da allora non mi ero più fermato... (segue - totale battute: 6173)

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[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

91) "CASINO'" - SILVANA PONSERO | VILLAR DORA (TO)

"Posso fidarmi di te? Posso fidarmi di te? Posso fidarmi di te?" Ripeti quella domanda, la tua solita domanda, per tre volte di seguito, come De Niro in "Casinò". Ma tu non sei affatto De Niro, con il suo look trasandato-chic. E io non sono certo Sharon Stone, proprio no; sono agli antipodi della bionda fascinosa. Il mio sguardo scorre sulla pareti di questa minuscola stanza d’albergo, la nostra casa per un paio di giorni. Una parentesi di tempo in cui fingere di essere una coppia “normale”. Quella coppia che potremmo essere tutti i giorni. Se solo non ci fosse tua moglie. E la mia instabilità. E la tua passione smisurata per le corse dei cavalli. Sei seduto sul letto. Mi guardi, ti guardo. Questa camera minuscola sta diventando soffocante... (segue - totale battute: 2532)

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[ 19 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

90) "ATTORI E SPETTATORI" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

Da più di trent’anni sto dietro a questo scuro banco di legno. Ho trascorso la mia vita a veder passare gente di ogni tipo, di ogni colore e razza. Queste cose poco mi sono importate, poco m’importano ora. In ognuna ho cercato vedere al di là dell’apparenza o dell’aspetto fisico puro. C’è chi ha la capacità di leggere al contrario, chi di vedere quella che chiamano aura intorno alle persone, io credo di possedere questa, vedere dentro, nelle zone più profonde delle persone. Ho sempre cercato contatto con quelle che ritenevo migliori. Sono stati gli attori del film della mia vita. Altre che credevo ottime sono state solo comparse, un’apparizione sul palcoscenico poi il nulla. Altre ancora, qualcosa più che comparse hanno lasciato in me una frase, un gesto che allo sfilare dei titoli di coda ricorderò ancora. Quanto a me, ho sempre cercato di essere protagonsita vero della mia vita. Viene da ridere al pensiero di un portiere d’albergo che parla di vita vissuta. Beh, non sempre il movimento è sinonimo di vita... (segue - totale battute: 2366)

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[ 16 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

89) "TANTO VALE DORMIRE A CASA TUA" - "TRAP" | ROMA

Due mesi fa il mio papà ha vinto al superenalotto cinque milioni di euri. Per la contentezza ha subito messo incinta la mamma che però preferiva il visone. Lui s’ha comprato una Ferrari così ci fa rabbia ai suoi amici quando va a ritirare la disoccupazione. A noi figli c’ha regalato la play-station e a lui l’abbonamento al Play-boy, ma la mamma non ci crede che è la stessa cosa. Prima che lei è troppo incinta ha deciso che facciamo una bella vacanza tutti insieme e ha prenotato l’albergo a Rimini. Quello dell’agenzia dei viaggi quasi le prende dal mio papà, che non voleva mica andare nel Hotel perché diceva che è roba per i stranieri ricchi. Quello là ci ha spiegato che Hotel e albergo sono sempre stessi, è solo il nome in inglese, come il fubal e il calcio. Io ho detto che a scuola c’hanno letto la storia di un Hotel che si chiamava Guglielmo ma il signore dell’agenzia ha detto che la colpa non è mia ma di quei lavativi dei maestri. Quando gl’ha detto la cifra da pagare, il mio papà c’ha fatto orcogiuda che sberla! ma la mamma c’ha detto al suo marito che è il mio papà fai mica il crosta tira fuori le palanche che cen’hai una barca. L’ Hotel dove che siamo è di quelli belli con la porta di vetro che gira gira gira ma non puoi correrci dentro perché c'è un uomone vestito come un soldato col paltò che ti corre dietro o davanti, ma non si capisce bene. Dopo un po’ il mio papà mi ha preso per il collo della giacca e mi ha tirato dentro. L’uomone non s’è accorto e continuava a girare girare girare come il criceto di un mio amico. però nella porta a ruoti non c’è il mangime... (segue - totale battute: 11846)

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[ 16 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

88) "UNA STANZA SPECIALE, DUE CUORI VICINI" - ERIKA BOLLETTIN | PADOVA

Difficile riuscire a concentrarsi, riflettere, pensare a quale sia la cosa giusta da fare, la scelta più appropriata. Ci sono momenti in cui ogni sforzo sembra vano, momenti in cui la donna razionale, abituata a coordinare e a risolvere situazioni complicate che arrivano più puntuali di un treno svizzero, non riesce neppure a scegliere tra un caffè ed una tazza di tè. Meglio una sauna o una nuotata in piscina? Si, questo era l’unico quesito che potevo risolvere, mentre seduta nel lettone e avvolta nelle lenzuola color beige, reso più intenso dai primi raggi di sole, lo guardavo mentre dormiva. I capelli lisci, non troppo corti e brizzolati sembravano scompigliare il cuscino, le braccia abbronzate incorniciavano quel volto che 5 anni prima mi aveva fatto perdere la testa e ogni pensiero da brava ragazza. Forse non lo ero mai stata una brava ragazza, non mi era mai interessato: meglio essere solo me stessa. Era lui la ragione della mia incapacità momentanea di ragionare. Lui che nel pieno di un progetto importante da consegnare con una sola telefonata era riuscito a farmi lasciare tutto, a preparare la valigia per rifugiarci in questo angolo magico, vicino al Lago di Garda, dove il cellulare, il pc ed i problemi da risolvere sembravano non esistere più. “Tre giorni tutti per noi, dove rilassarci tra massaggi e tuffi in piscina – aveva detto in quella breve telefonata – non puoi dirmi di no”. Potevo, ma non ho mai avuto il coraggio di farlo, in 5 anni non avevo mai avuto il coraggio di farlo. E lui sapeva come estorcere un si, anche convinto... (segue - totale battute: 9962)

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[ 15 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

87) "IDIOTA" - ROLANDO GOZZI | MODENA

C’eri all’Heineken, al concerto di Liga?” Nessuna risposta. Dorme. Avevo pensato di chiederglielo perché quando un paio di ore prima avevo iniziato a suonare “Ho messo via” con la mia chitarra, aveva riconosciuto il pezzo dopo soli due accordi. Cantava con me, con gli occhi chiusi, come erano chiusi ora. Cantava “Ho messo via un bel po’ di cose, ma non mi spiego mai il perché, io non riesca a metter via te” più che cantare, gridava, senza curarsi di quanto fosse stonata, la sua voce si staccava dal coro e tradiva quanto quel brano la facesse soffrire, quanto lo sentisse suo in quel preciso istante. Dorme. La testa sulle le mie gambe. Il suo viso, la sua bocca, a pochi centimetri dalla patta consunta dei miei Wrangler. “Occhio a non svegliare la bestia” le avevo detto allusivamente quando si era sdraiata, accompagnando la frase con un’occhiata verso il basso. “Idiota” mi aveva risposto con sufficienza. Non era la prima volta che usava quell’appellativo nei miei confronti, mi piaceva, il tono con cui lo diceva nascondeva affetto, complicità, per assurdo esprimeva la stima che aveva nei miei confronti. Con gli altri non lo usava, dava dello scemo o dello stupido, anche un qualche deficiente, tutti in tono scherzoso, mai offensivo, ma in nessuno metteva la stessa gioiosa compiacenza del mio Idiota. “ Scusa, non è meglio se lasci quel libro e vieni a giocare con noi?” Così si era presentata Elisa pochi giorni prima, stavo leggendo tranquillamente il mio Roddy Doyle, comodamente sdraiato sul lettino al bordo della piscina e lei era apparsa. “Dai molla li” e aveva aggiunto con tono minaccioso “O vuoi che ti dica che fine fa Paula Spencer?” Elisa non dimostrava più di 22, 23 anni e conosceva uno dei miei autori preferiti, la cosa mi incuriosiva, non pensavo che le disavventure degli abitanti di Dublino potessero piacere ad una ragazza giovane e carina. Guardandola attentamente Elisa non era carina, era veramente bella. Malgrado avessi giurato a me stesso di non provare più ad illudermi di essere in grado praticare una qualsiasi forma di sport, fui costretto ad accettare. La cartilagine delle mie ginocchia era abbondantemente consumata, al punto dal dissuadermi ad avventurarmi in una partita di calcetto, ma l’invito di quella ragazza mi incuriosiva tremendamente, inoltre ricordavo perfettamente che al mio arrivo alla Masseria Abate mi ero meravigliato di come qualcuno potesse aver voglia di giocare a calcetto in quell’angolo di paradiso, perciò quella era l’occasione migliore per aggiungere un po’ di punti alla mia superlativa incoerenza... (segue - totale battute: 13094)

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[ 15 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

86) "CERCASI CAMERA DISPERATAMENTE" - FEDERICO ZUCCHELLI | LIVORNO

Alberto Lessi stentò a comprendere subito la gravità della situazione. Era sicuro di aver prenotato in quell’albergo e si meravigliava del fatto che di quella richiesta non fosse rimasta traccia. “Le ho spiegato che non ci risulta in essere nessuna prenotazione. La signora con cui lei avrebbe parlato, è stata licenziata da qualche giorno per scarso lavoro” ribadì un po’ seccato, l’addetto alla receptionist. Si notava chiaramente l’imbarazzo e la vergogna che percorrevano il suo volto, solcato da un’infinità di profonde rughe. La colpa però non era sua, né del resto sussisteva alcuna responsabilità oggettiva dell’albergo. Allargò le braccia e si trincerò in un mutismo che agli occhi di Alberto valeva quanto una condanna. “ Ho fatto più di trecento chilometri e mia moglie è incinta. Me la può trovare un’altra camera?” protestò l’uomo, trafelato... (segue - totale battute: 6887)

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[ 13 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

85) "IL CASO DEL SANTO STEFANO" - MARCO CAPITANI | VIGNOLA (MO)

Quel lunedì mattina che andai al Santo Stefano, una pioggerella fine fine, impalpabile, saturava l'aria di lacrime leggere, di silenzio soffuso e di malinconia sparsa. Avevamo ricevuto una chiamata dalla reception. Volevano sporgere denuncia nei confronti di una cliente che se n'era andata senza saldare il conto, abbandonando in albergo i bagagli e i documenti. Tutti i motoscafi e le barche erano fuori in servizio, come pure l'agente Nolandi, che in quei miei primi giorni di permanenza a Venezia mi faceva da guida. Fui così costretto ad andare a piedi, da solo. Dovetti così camminarea lungo per le strette vie di una città che non conoscevo e che, a ogni svolta, cercava d'imbrogliarmi, portandomi sullo sbocco di un canale o in un vicolo senza uscita. C'impiegai più di un'ora per arrivare. Prima di entrare nell'albergo, indugiai nell'antistante piazzetta, ad osservare la sagoma dell'edificio. Pareva più alto di quel che fosse in realtà, forse perché sorgeva stretto tra due palazzi più tozzi, ma quella non era l'unica sua caratteristica che colpì la mia immaginazione. In quei brevi istanti la mia fantasia mi fece pensare alla facciata di quel palazzo come al viso di un gigante, con la trifora del primo piano che mi ricordava un triplo naso, la doppia fila di finestre gli occhi e le sopracciglia, mentre la porta la immaginai come un'enorme bocca. Quella fantasia infatile durò pochi minuti, sufficienti però a farmi perdere la percezione della realtà. Durante quegli attimi, che mi parvero lunghissimi, ebbi la sensazione di non essere solo, come se ci fosse qualcuno accanto a me; qualcuno che non vedevo, ma di cui sentivo la presenza... (segue - totale battute: 12298)

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[ 12 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

84) "IL PAGLIACCIO" - LUCA FOLTRAN | LENTATE SUL SEVESO (MI)

La mano passa e ripassa a colorarne i contorni. Rosso scarlatto, sempre più spesso, più sbavato. In quello specchio d'hotel legge tutto, può leggere anche il suo stato d'animo, leggere quello che è più in profondità, non basta un cerchio intorno agli occhi a celare la verità. Passa di nuovo quel tubo rosso che ha tra le mani, mentre le note di pianoforte saltellano sui tasti bianchi e neri in un giro che sembra non finire mai. Il passaggio sta avvenendo, torna ad essere quello che vorrebbe sempre essere. Sta bene. La lacrima, solo disegnata, sulla guancia è già pronta. Pronta per il prossimo show, quello che vorrebbe non finisse mai. La lacrima vera è nel cuore. Si tocca i fili di capelli rosso ramato, finti, ma così parte di lui, della propria figura. Non è un gioco da ragazzi, lo sa bene, ora che si sta perdendo ancora più a fondo nei meandri del confronto tra il lui reale e Spino. Non è un trapezista, non c'è rete sotto di lui ad attutire la caduta. Lui è solo un clown, ridere e ridere ancora, nonostante tutto non sia come vorrebbe là fuori, fuori da quella mascheraCosa ci trovasse in quella stanza… Nessuno lo sapeva. Se lo chiedevano alla Reception ogni volta che telefonava per fare la prenotazione. Pronto…Si..Si…Posso avere la camera n°5 al secondo piano? Chiamava sempre con molto anticipo. Così da tantissimi anni, l’accontentavano. La Mora Striata era la prima ad arrivare, con lei iniziava l’estate nell’hotel. Quando ripartiva aveva un’ abbronzatura che la faceva apparire più bella, In realtà era abbastanza scialba , ma quel bel colore bronzeo faceva sparire il pallore dell’arrivo. Per i proprietari dell’hotel, la sua presenza, era considerata di buon auspicio, quindi la benvenuta per iniziare la stagione estiva con successo. In realtà, il personale dell’hotel, l’aveva paragonata ad una di quelle piante esotiche lunghe e smilze, sembravano rinsecchite, eppur riempivano gli spazi degli angoli più importanti delle sale, se tolte si notavano di poco gli spazi vuoti anzi !.. La Mora striata era molto scarna, insignificante e un po’ strana, incuriosiva quel suo carattere fin troppo riservato e scostante. Quando lei ripartiva l’hotel era gremito di tante persone ancora in piena stagione estiva... (segue - totale battute: 2559)

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[ 10 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

83) "VITE PARALLELE" - DIRCE SCARPELLO | NOICATTARO (BA)

Anche oggi la mattina mi sembra insopportabilmente fredda. Ieri sera ho studiato la destinazione, pianificato esattamente l’itinerario e soprattutto le soste. Sono un agente di commercio e ho viaggiato in tutta l’Italia, e anche all’estero ma, al di là della gente, delle fabbriche, delle strade, delle piazze, degli svincoli, dei caselli autostradali e delle stazioni di servizio, quelli che conosco meglio sono gli hotel, gli alberghi- solo raramente e per lo più per errore gli ostelli- che sono la mia casa, la mia intimità per mediamente due o tre notti settimana. Ecco, il viaggio è già finito per oggi. Per me è importante andare sempre nella stessa camera: i numeri, i numeri…sapeste come sono importanti per me! L’ultima volta che sono stato qui ero alla 319. Così come le case anche gli hotel hanno ognuno il loro odore, quella miscellanea di sentore di persone e appena un eco di disinfettante, di profumi di signore e sigari da bar, di buona cucina e profumi di alberi e fiori quei loro tavolini semplici e accoglienti che ti propongono un attimo di relax, magari fuori, nel giardino che nella bella stagione ti fa sentire un po’ più a casa. Poi ci sono gli alberghi di lusso in cui respiri classe e tradizione ad ogni passo, quelli troppo in centro, caotici e convulsi di odori come di suoni, poi quelli giganteschi, supertecnologici in cui ti perdi se ad ogni piano non consulti la cartina antincendio che ti insinua una punta di perplessità simile a quella che provi quando la hostess ti spiega le manovre d’emergenza, quelli, per intenderci dove sbagli regolarmente e anziché infilare la carta elettronica ti ostini ad infilare la tua carta di credito, pretendendo che la porta si apra. Ed altri, ed altri ancora, tutti uguali nell’anonimato che ti consentono eppure tutti diversi per l’impronta personale che assumono che non è solo quella del proprietario o del direttore, ma è quella che discende dall’amalgamarsi di tante vite che lì sono costanti e non episodiche come la tua, dalla cameriera al piano al ragazzo dell’ascensore, dal barista all’autista del furgoncino. Insomma l’hotel respira in proprio... (segue - totale battute: 10414)

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[ 09 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

82) "QUEL DAVANZALE SUL MONDO" - ANNA MARIA MARCANTONI | RIMINI

Cosa ci trovasse in quella stanza… Nessuno lo sapeva. Se lo chiedevano alla Reception ogni volta che telefonava per fare la prenotazione. Pronto…Si..Si…Posso avere la camera n°5 al secondo piano? Chiamava sempre con molto anticipo. Così da tantissimi anni, l’accontentavano. La Mora Striata era la prima ad arrivare, con lei iniziava l’estate nell’hotel. Quando ripartiva aveva un’ abbronzatura che la faceva apparire più bella, In realtà era abbastanza scialba , ma quel bel colore bronzeo faceva sparire il pallore dell’arrivo. Per i proprietari dell’hotel, la sua presenza, era considerata di buon auspicio, quindi la benvenuta per iniziare la stagione estiva con successo. In realtà, il personale dell’hotel, l’aveva paragonata ad una di quelle piante esotiche lunghe e smilze, sembravano rinsecchite, eppur riempivano gli spazi degli angoli più importanti delle sale, se tolte si notavano di poco gli spazi vuoti anzi !.. La Mora striata era molto scarna, insignificante e un po’ strana, incuriosiva quel suo carattere fin troppo riservato e scostante. Quando lei ripartiva l’hotel era gremito di tante persone ancora in piena stagione estiva... (segue - totale battute: 9791)

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[ 08 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

81) "GIRO DI VALZER" - ALESSANDRO BERTOLLI | LONATE POZZOLO (VA)

Eravamo nudi; nudi e intirizziti sotto il lenzuolo che non voleva saperne di scaldarci. Era ancora presto. La sua faccia, rossa e spossata, premeva sul mio cuscino, contro la testiera fint’ottone; io gli guardavo le labbra, lui non so cosa guardasse, ma tutto era strano perché non si muoveva. Allora feci perno su un ginocchio e su una spalla, e mi spostai io, in avanti. I miei seni gli premevano contro il petto: sentivo i suoi piccoli capezzoli che me li pizzicavano proprio sulle punte. Lui sollevò un lembo di lenzuolo, accavallò una gamba alla mia coscia e poi, con prudenza, m’avvicinò la fronte al mento. Il letto adesso era tiepido, ma io avevo sempre la pelle accapponata. Il tempo non correva più e pareva voler accompagnare con gentilezza i nostri fiati: ci soffiavamo in faccia e ognuno respirava l’aria dell’altro, ognuno continuava a vivere soltanto perché entrambi ci alitavamo addosso. E io tenevo gli occhi chiusi stretti, tremanti. Lui accennò a carezzarmi i capelli: seguii senza vederlo il percorso che la sua mano fece a sfioro del mio braccio, risalendo lungo un fianco e strusciando contro il lenzuolo, sotto, per poi uscirne e solleticare appena le cime dei miei ricci. Quindi rifilò sottocoperta tirandosi dietro il lenzuolo, che ci scoprì fino ai gomiti. Io aprii gli occhi e vidi che lui li teneva chiusi e pareva stesse mangiandosi le labbra. La penombra era più luminosa del giorno che cresceva oltre le persiane, perché tutto rendeva più evidente nei dettagli, celando solo quel che non doveva contare. Il letto era tutto una sfumatura di bianco, che poco a poco andava spegnendosi lungo il suo perimetro fino a confondersi con il grigio-biondo che tratteggiava il rimanente della stanza Ventitré... (segue - totale battute: 15889)

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[ 08 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

80) "SCENE DA UN MATRIMONIO" - LAURA POLETTI | RAPALLO (GE)

Il maresciallo Guidi si guardò intorno per tre volte prima di rendersi del tutto conto dello stato di distruzione in cui versava la hall dell’Hotel Primo Sole. Vedere quello che poteva essere considerato un orologio svizzero per ordine e precisione trasformato in una caos assoluto gli procurava un dolore quasi fisico. Stava diventando vecchio. -Se questo è il modo in cui finiscono le feste di matrimonio, sono sempre più convinta che non mi sposerò mai, anche se mia madre continua a insistere. La voce di Veronica Bartolini lo riportò alla realtà. La ragazza era stata assegnata alla stazione da qualche mese, e aveva già dato prova di essere più pronta e intelligente di molti colleghi uomini. E, nello stesso tempo, aveva convinto il maresciallo che chiunque avesse avuto la sorte di prendersela in moglie, sarebbe stato costretto a una vita di obbedienza e sottomissione, in cui difficilmente avrebbe potuto dissentire anche di poco dalle opinioni della donna. Un carabiniere anche nella vita privata. La ragazza lo guardava, in attesa di ordini. -Prima cerchiamo i colleghi, poi iniziamo con qualche domanda. Il maresciallo poteva sbagliarsi, ma ce ne sarebbero volute parecchie... (segue - totale battute: 12133)

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[ 07 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

79) "L'HOTEL AL MARE" - COSTANTINA FRAU | ABBASANTA (OR)

Sdraiata nel letto della stanza d’albergo, scrivo su una vecchia agenda con tanti fogli strappati, tante giornate vissute bene e male. Ripenso alla mia infanzia tra la gente, alla mia gioventù, sradicata dal paese e dagli affetti. Penso al ritorno nel mio mondo, all’identità ritrovata, all’amore e alle incomprensioni, alle promesse non sempre mantenute. Dal giardino dell’albergo mi giungono le note allegra della Macarena. Dai, scendi, insistono gli amici, è facile da ballare, ci riescono anche i vecchi! Gli amici sono qui per riposarsi in quest’albergo in riva al mare. Hanno lasciato a casa gli affanni di un anno di lavoro. Parlano solo del presente, dei pranzi e delle cene, dei maestri di ballo e di ginnastica, all’aperto e in palestra. Mare e bosco è il loro mondo, gite in barca e giochi in acqua, partite di tennis e a tressete, e tanta tanta chiacchera nelle passeggiate sottobbraccio lungomare, respirando a pieni polmoni aria pura, mangiando cibi sani squisiti, serviti da gentili camerieri. Sento la voce del maestro di ballo esortare i renitenti. Dancez mesieurs e mes dames! Changez la famme! Sento gli applausi degli spettatori. Sono in camera a scrivere in quest’agenda aperta a giugno, sono qui a far bilanci, a scavare nel passato. Penso a mio marito in giro a cercar pietre per finire la casa di campagna, per rivestire i muri esterni, quello di recinzione, il selciato dell’entrata, per, per… Sempre a cercar pietre! In inverno piene di muschio, in estate arroventate dal sole, rotonde, ovali, piatte, bombate, piccole, medie e grandi, delle forme più strane lavorate dall’acqua, dal vento, ma sempre e solo di basalto chiaroscuro, per non contrastare col paesaggio. Le porta nella casa di campagna, vagheggiata, ideata, disegnata senza geometri e architetti, costruita con la buonuscita. Ogni pietra dovrà occupare il posto giusto, il più congeniale, come un essere animato. Come le pietre animate delle leggende. Le pietre fisse, esseri trasformati in pietre, protagonisti di storie liete e tristi, personaggi delle tenebre, banditi solitari, traditori degli ospiti, madri pietrificate dal dolore, spose pietrificate dall’attesa. Come lo sono io... (segue - totale battute: 5401)

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[ 03 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

78) "L'HOTEL IN CITTÀ" - COSTANTINA FRAU | ABBASANTA (OR)

Nel cielo imbronciato lampi di luce trafiggono le nuvolaglie, penetrano dai vetri della finestra, i rumori della strada s’infilano dal portone insieme ai turisti imbacuccati, le sciarpe grigie avvolte al collo. Bonsoir e good evening. Squilla il telefono. Careluna, immersa nella lettura, risponde appena agli have you a room e agli avez vous de chambres? Le due lingue più diffuse a Roma. Gli occhi fissi sul libro, l’orecchio vigile al suono del telefono e del campanello della porta. Lavoratrice studente, dato un esame ce n’è un altro da preparare, senza avere il tempo di godere della gioia di aver superato il precedente, di godere la giovinezza, passata a studiare. Al lieve tocco alla porta che da in portineria entra Rainer, in mano ha una rosa rossa avvolta in carta trasparente. -Guten Abend, ist schon hier zu sien! Il giovane Rainer attratto dall’arte e dalla storia della Roma barocca, dilaniata dalle lotte dei nobili per il potere, dalle atrocità e dalla lussuria sfrenata delle corti, dalla scandalosa corruzione dei papi simoniaci e dai processi inquisitori della Chiesa postconciliare. Rainer, venuto nell’urbe per conoscere e comprendere i segreti misteriosi degli artisti e delle loro opere. Opere scaturite dalle proprie dolorose esperienze e da quelle dei protagonisti delle sacre Scritture, il Cristo Crocifisso, la Madre e le Donne ai piedi della Croce, i Martiri della fede... (segue - totale battute: 14525)

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[ 03 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

77) "LA CLEPTOMANE" - LUDOVICA MAZZUCCATO | SAN MARTINO DI VENEZZE (RO)

Era necessario staccare la spina prima di esplodere. Quegli ultimi due mesi per Caterina erano stati veramente pesanti. Da quando Alberto l’aveva lasciata, lei non era più la stessa. Aveva perso il suo equilibrio e ogni briciola di autocontrollo. Non lo aveva confidato nemmeno alla sua migliore amica, forse per una sorta di vergogna, ma la sua stava diventando una vera e propria malattia. Brutta cosa la cleptomania, soprattutto se si tratta di un modo per attirare l’attenzione, per chiedere aiuto senza trovare le parole giuste. La prima volta che aveva sentito l’impulso incontrollabile di rubare qualcosa, lo aveva provato nel negozio di bomboniere dove era andata a disdire quelle che sarebbero servite per il suo matrimonio con Alberto. Il luccichio di una rosellina d’argento, in bella mostra nell’espositore vicino alla cassa, aveva trasformato Caterina in una gazza ladra. Appena la commessa si era allontanata per recuperare lo schedario degli ordini, la sua mano era guizzata, sicura e lesta, su quel grazioso ninnolo. Poi, tutto come prima, nessuna alterazione della voce nel rivolgersi alla commessa, nessun tremolio alla mano. Sembrava che Caterina avesse rubato da sempre. Da quel momento era iniziata un escalation: un tubetto di caramelle dal tabacchino, una forcina per i capelli in profumeria, una barretta di cioccolata al supermercato, fino ad arrivare al fattaccio di giovedì sera... (segue - totale battute: 8742)

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[ 02 novembre, 2009 ] • [ eureka ]