18) "UNA NOTTE DI TANGO A VENEZIA" - MARIO SCOTTO | TORINO

Il giorno in cui il suo destino decise di portare Marco là dove lo attendevo, mancavano pochi minuti alle dieci di una sera di maggio. Per il suo arrivo, e per quello di Anne, la Piazza era pronta; avevo ottenuto quella sera anche la dolce brezza che porta con sé l’odore del mare e cancella gli odori stagnanti della città. Nell’aria c’era quel senso di sospensione e di attesa che precede sempre l’inizio di una serata di tango. Venezia era più bella che mai.
La scelta della musica era solo mia, quella sera; dal mio immenso repertorio, formato da quasi sessantamila opere, avevo tratto i brani che mi potessero dare le maggiori probabilità di successo. L’unica difficoltà poteva essere nella concomitanza, e questo mi causava un poco di tensione. Dovevo calcolare i tempi in modo che i brani iniziassero nel momento preciso in cui i loro sguardi si sarebbero incontrati. Non ci doveva essere alcuna possibilità che Marco non invitasse Anne dopo quel primo sguardo.
Ripassai ancora una volta la sequenza che credevo più adatta al temperamento di Marco. Una musica lenta e importante, fatta per due persone che nell’abbraccio si ascoltano e si cercano. I brani di Osvaldo Pugliese, capolavori che hanno rivoluzionato la mia musica, introducendo l’imprevisto nello sviluppo della linea melodica. Un lento crescendo iniziale, la ripetizione di una frase musicale che aumenta la tensione, il tempo si dilata, si tende sempre più sino al parossismo finale del suono, che esplode in mille colori. Poi, improvvisa e drammatica, la pausa. Una musica che è l’essenza stessa della vita, il crescendo nell’incontro di due animi, la tensione nella scoperta del piacere di sentirsi attratti uno dall’altra, e l’esplosione del primo abbraccio e della passione. Ma dovevo sbrigarmi, Marco era già sul limitare della Piazza, lo vedevo guardarsi intorno ed ascoltare la musica con quella sua espressione intensa ed un poco buffa che conoscevo così bene. Nello stesso tempo Anne, dal lato opposto, stava raggiungendo l’Hotel che era il punto d’incontro del ballo. Ancora una volta ammirai la sua eleganza, il suo portamento, la sua femminilità. Avevo scelto bene per il mio grande amico... (segue - totale battute: 14472)

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[ 26 maggio, 2009 ] • [ eureka ]

74) "DUE FRANCESI A VENEZIA" - MANOLA GUGELMO | ALBIGNASEGO (PD)

Il sole delle 9 scaldava tiepidamente il viso di Sophie. La sera prima aveva piovuto a dirotto e lei sapeva che il giorno dopo il tempo sarebbe stato meraviglioso. Il cielo era terso e la luce del sole ancora più luminosa del solito. Le sedie nel patio antistante l’entrata dell’ Hotel Santo Stefano erano bagnate delle grosse gocce che gli acquazzoni lasciano sempre come ricordo. A dispetto del fatto che giugno fosse appena iniziato, nei giorni precedenti il caldo si era fatto sentire. La stagione era cominciata bene. “Sophie, hai finito con le sedie?” la voce calda e gentile di Emma le giunse dalla reception. Ormai erano sei anni che lavorava per lei durante l’estate. A Sophie serviva per praticare l’inglese e il francese con i turisti oltre che per arrotondare, a Emma perché aveva bisogno di una mano e quella ragazza era sveglia e volenterosa. Veneziana doc, Emma era una donna meravigliosa. Cinquant’anni e una grinta da invidia. La sua famiglia gestiva quell’hotel dalla metà degli anni ’60 e lei aveva portato avanti la tradizione... (segue - totale battute: 11547)

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[ 30 ottobre, 2009 ] • [ eureka ]

85) "IL CASO DEL SANTO STEFANO" - MARCO CAPITANI | VIGNOLA (MO)

Quel lunedì mattina che andai al Santo Stefano, una pioggerella fine fine, impalpabile, saturava l'aria di lacrime leggere, di silenzio soffuso e di malinconia sparsa. Avevamo ricevuto una chiamata dalla reception. Volevano sporgere denuncia nei confronti di una cliente che se n'era andata senza saldare il conto, abbandonando in albergo i bagagli e i documenti. Tutti i motoscafi e le barche erano fuori in servizio, come pure l'agente Nolandi, che in quei miei primi giorni di permanenza a Venezia mi faceva da guida. Fui così costretto ad andare a piedi, da solo. Dovetti così camminarea lungo per le strette vie di una città che non conoscevo e che, a ogni svolta, cercava d'imbrogliarmi, portandomi sullo sbocco di un canale o in un vicolo senza uscita. C'impiegai più di un'ora per arrivare. Prima di entrare nell'albergo, indugiai nell'antistante piazzetta, ad osservare la sagoma dell'edificio. Pareva più alto di quel che fosse in realtà, forse perché sorgeva stretto tra due palazzi più tozzi, ma quella non era l'unica sua caratteristica che colpì la mia immaginazione. In quei brevi istanti la mia fantasia mi fece pensare alla facciata di quel palazzo come al viso di un gigante, con la trifora del primo piano che mi ricordava un triplo naso, la doppia fila di finestre gli occhi e le sopracciglia, mentre la porta la immaginai come un'enorme bocca. Quella fantasia infatile durò pochi minuti, sufficienti però a farmi perdere la percezione della realtà. Durante quegli attimi, che mi parvero lunghissimi, ebbi la sensazione di non essere solo, come se ci fosse qualcuno accanto a me; qualcuno che non vedevo, ma di cui sentivo la presenza... (segue - totale battute: 12298)

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[ 12 novembre, 2009 ] • [ eureka ]

109) "E' COSI' LABILE LA DISTANZA" - FRANCO ZARPELLON | MESTRE (VE)

Non mi venite a dire che ho inventato tutto e nemmeno che l’ho sognato. Sono una persona razionale io, un ingegnere, credo solo a ciò che è reale. Aveva ragione mio nonno quando diceva, niente è più vero di ciò che deve ancora avvenire. Non si riferiva a qualcosa di magico o di immaginario, solo alla potenza della propria volontà. Grande uomo mio nonno, una persona che ha creato la mia ambizione. Non ponetela al negativo, che significa cancellare i sogni? Ha solo saputo indirizzarli. Grazie alle sue parole mi sono laureato e sono diventato direttore di un’importante multinazionale. Ho sposato una donna meravigliosa, figlia di un magnate del petrolio, e assieme a lei ho cresciuto cinque figli ormai maggiorenni. Vivo in una grande casa nel centro di Parigi e posso disporre della migliore servitù. Ho raggiunto quello che volevo, ma ad un prezzo, vivere lontano dalla mia città natale. Poi anche mio nonno se n’è andato e con lui l’ultimo vero legame con Venezia... (segue - totale battute: 9773)

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[ 29 novembre, 2009 ] • [ eureka ]