87) "IDIOTA" - ROLANDO GOZZI | MODENA

C’eri all’Heineken, al concerto di Liga?” Nessuna risposta. Dorme. Avevo pensato di chiederglielo perché quando un paio di ore prima avevo iniziato a suonare “Ho messo via” con la mia chitarra, aveva riconosciuto il pezzo dopo soli due accordi. Cantava con me, con gli occhi chiusi, come erano chiusi ora. Cantava “Ho messo via un bel po’ di cose, ma non mi spiego mai il perché, io non riesca a metter via te” più che cantare, gridava, senza curarsi di quanto fosse stonata, la sua voce si staccava dal coro e tradiva quanto quel brano la facesse soffrire, quanto lo sentisse suo in quel preciso istante. Dorme. La testa sulle le mie gambe. Il suo viso, la sua bocca, a pochi centimetri dalla patta consunta dei miei Wrangler. “Occhio a non svegliare la bestia” le avevo detto allusivamente quando si era sdraiata, accompagnando la frase con un’occhiata verso il basso. “Idiota” mi aveva risposto con sufficienza. Non era la prima volta che usava quell’appellativo nei miei confronti, mi piaceva, il tono con cui lo diceva nascondeva affetto, complicità, per assurdo esprimeva la stima che aveva nei miei confronti. Con gli altri non lo usava, dava dello scemo o dello stupido, anche un qualche deficiente, tutti in tono scherzoso, mai offensivo, ma in nessuno metteva la stessa gioiosa compiacenza del mio Idiota. “ Scusa, non è meglio se lasci quel libro e vieni a giocare con noi?” Così si era presentata Elisa pochi giorni prima, stavo leggendo tranquillamente il mio Roddy Doyle, comodamente sdraiato sul lettino al bordo della piscina e lei era apparsa. “Dai molla li” e aveva aggiunto con tono minaccioso “O vuoi che ti dica che fine fa Paula Spencer?” Elisa non dimostrava più di 22, 23 anni e conosceva uno dei miei autori preferiti, la cosa mi incuriosiva, non pensavo che le disavventure degli abitanti di Dublino potessero piacere ad una ragazza giovane e carina. Guardandola attentamente Elisa non era carina, era veramente bella. Malgrado avessi giurato a me stesso di non provare più ad illudermi di essere in grado praticare una qualsiasi forma di sport, fui costretto ad accettare. La cartilagine delle mie ginocchia era abbondantemente consumata, al punto dal dissuadermi ad avventurarmi in una partita di calcetto, ma l’invito di quella ragazza mi incuriosiva tremendamente, inoltre ricordavo perfettamente che al mio arrivo alla Masseria Abate mi ero meravigliato di come qualcuno potesse aver voglia di giocare a calcetto in quell’angolo di paradiso, perciò quella era l’occasione migliore per aggiungere un po’ di punti alla mia superlativa incoerenza... (segue - totale battute: 13094)

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[ 15 novembre, 2009 ] • [ eureka ]