37) "L'UOMO NEL VENTO" - BARBARA PIAZZA | BERGAMO

Il completo di lino, dal colore bianco ghiaccio, svolazzava al vento torrido di Milano. Quel giorno la città era invasa da un fohn che si amalgamava al cemento metropolitano, facendo fondere l’asfalto. Incanalato nella via Dante, non fece caso al sudore che gli impregnava i capelli. Si asciugò la fronte col fazzoletto di cotone che ripose, subito dopo, nel taschino. La vista del Castello Sforzesco lo accompagnò per tutto il tragitto, inducendolo a proseguire. Amplificava il carisma di una città che aveva nel Duomo, con l’inconfondibile “Madonnina”, la sua effige. Risplendeva di luce propria, come un angolo suggestivo da vivere nella magia del ritorno.
Fin da bambino, si sentiva attratto dalle merlature delle torri antiche, in cui il nettare del tempo esalava come quella stessa onda di calore che fuoriusciva sinuosamente dalla strada rovente.

Nonostante gli anni, aveva ancora lo spirito dell’esploratore e, in questo, si sentiva più giovane di molti giovani senza entusiasmo. Alcuni adolescenti stavano fumando appollaiati sulle panchine del parco, con lo sguardo annoiato, come se la vita non avesse altro da offrire. Lui invece, riusciva sempre a scoprire qualcosa di nuovo, anche in luoghi già conosciuti. Tutto poteva affiorare e mutare improvvisamente, a seconda della luce e del punto d’osservazione. I suoi occhi erano come carta assorbente di un inchiostro fatto di immagini che si colmava di visioni. Bastava semplicemente saper guardare la vita. Nel suo abito bianco emanava un fascino fuori dal tempo che gli conferiva l’aspetto indefinito di un artista. Era arrivato a Milano da pochi giorni, ospite di un amico che conosceva fin dai tempi della scuola e con il quale si divertiva, da ragazzo, ad abbozzare tocchi vivaci di pennello che davano ai quadri un’impronta futurista. Spesso sceglieva angoli disseminati tra le vie cittadine, come i palazzi di via Vivaio e via Cappuccini, dove le forme scultoree diventavano inni alle abilità artistiche dell’uomo, segni scolpiti come firme d’autori senza tempo. L’eleganza di quelle abitazioni dei primi anni del Novecento, si fondeva con le secolari magnolie dei giardini milanesi. Un’impensabile famiglia di fenicotteri rosa popolava un laghetto adiacente come un miraggio importato da luoghi lontani ed innestato nei misteriosi ingranaggi di una città da scoprire. Conosceva Milano. L’aveva respirata fin dall’infanzia, come i suoi navigli, dove il colore dell’acqua si congiungeva al carisma di quelle mura che vedeva davanti a sé e, che un tempo, erano circondate dallo stesso fluido vitale che ne proteggeva i segreti. Nell’acqua dei canali aveva ritrovato lo scorrere imperturbabile del tempo, il cuore dell’uomo, l’universo impalpabile, il senso di quel costante fluire che riporta sempre alla magia del passato... (segue - totale battute: 13117)

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[ 04 agosto, 2009 ] • [ eureka ]